La Chiesa mette la verità avanti a tutto. Il caso della tomba di san Pietro

L’importante ritrovamento da parte dell’archeologa Margherita Guarducci

In un giorno dell’anno 1953, una donna, l’archeologa Margherita Guarducci, mentre eseguiva lavori di scavi sotto l’altare della Confessione della Basilica di San Pietro, si ritrovò tra le mani una cassetta contenente delle ossa. Da un’iscrizione che notò nello stesso sito e che provò a decifrare comprese che quella cassetta poteva custodire i resti mortali dell’apostolo Pietro. L’iscrizione riportava infatti queste parole: “Petros eni” – Pietro è qui.

Nello stesso tempo, altri indizi emergevano a conferma di questa ipotesi. Per esempio, le ossa erano avvolte in un tessuto preziosissimo di porpora e oro che faceva pensare a una personalità eminente all’interno della primitiva comunità cristiana di Roma. Sul luogo della sepoltura, inoltre, si poteva osservare una stratificazione di altari, uno sopra l’altro, come una matrioska; per l’archeologa, ciò era il segno che nelle varie epoche storiche si era insistito nel voler celebrare l’eucaristia proprio in quel preciso punto.

La cosa più interessante è però un’altra. Come mai questo lavoro di scavo non era mai stato eseguito prima? Come mai per tanti secoli non si era cercato di chiarire se è vero che la Basilica di San Pietro in Vaticano è stata edificata dove era la sepoltura del pescatore di Galilea, sul luogo del suo martirio?

Era questa una questione importante per la fede cristiana e che riguarda il primato della Chiesa di Roma e dell’autorità del papa. Non che la fede abbia bisogno di una conferma di carattere scientifico, ma è facile capire come, senza quel segno materiale, gli oppositori della Chiesa avrebbero fatto dell’incertezza riguardo al luogo del martirio di Pietro un motivo in più per mettere in discussione il primato di Roma. Ed è proprio questo che in quegli anni Cinquanta stava avvenendo.

Per la verità, nel decennio precedente erano stati fatti degli scavi, ma con molta superficialità e approssimazione; con poco rigore scientifico, al punto che alcuni scavatori avevano rimosso incautamente alcuni reperti.

Il motivo di tanta esitazione e della scarsa considerazione per i resti mortali dell’apostolo Pietro è facilmente comprensibile: c’era il rischio di dover scoprire che sotto l’altare della Confessione della Basilica vaticana non ci fosse realmente traccia della tomba di Pietro, non ci fosse in fondo quanto Cristo stesso aveva stabilito: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa». In sostanza, si esitava nel timore che venisse fuori una verità scomoda.

Margherita Guarducci, per il suo metodo di lavoro, per il suo temperamento ma forse anche perché donna e quindi estranea al cerchio magico del potere culturale di quegli anni, era decisa invece a vederci chiaro tanto che dichiarò di essere disposta a rivelare l’assenza della tomba di Pietro nel sito vaticano, se il risultato degli scavi avesse portato a questo.

Chiese pertanto di essere ricevuta da Pio XII in modo da informare il papa di quella che era la sua posizione riguardo alla ricerca che stava conducendo in San Pietro. La Guarducci ricordava a questo proposito la ferma risposta ricevuta da Pio XII: «La verità avanti a tutto».

Questo ci fa capire quanto sia importante per la Chiesa difendere la verità. Senza il ritrovamento della tomba di Pietro, la Chiesa di Roma avrebbe avuto difficoltà ad affermare la sua autorità. Eppure la Chiesa ha voluto correre questo rischio mettendo “avanti a tutto” la verità. Come mette “avanti a tutto” Cristo che ha detto “io sono la verità”.

La scoperta dei resti mortali di Pietro e la sua precisa collocazione non fu accolta con l’interesse che meritava e non furono pochi i tentativi di delegittimare i risultati della Guarducci, particolarmente da parte della curia vaticana che giunse persino a negare all’archeologa ulteriori accessi alle Grotte vaticane. Finché papa Francesco, a pochi mesi dal suo insediamento e sessant’anni dopo i lavori della Guarducci, volle porre un gesto ufficiale per rimuovere l’ostracismo nei confronti della scoperta, promuovendo il 24 novembre 2013 un’esposizione delle reliquie di Pietro contenute nel reliquiario.

Sacre Grotte Vaticane: Sepolcro di San Pietro
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Paolo Tritto

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