La formazione ecumenica di Dag Hammarskjöld

Spiritualità e impegno civile nel Segretario Generale delle Nazioni Unite

Dag Hammarskjöld è stato Segretario Generale delle Nazioni Unite dal 1953 e fino al 1961, quando perì in un incidente aereo, probabilmente provocato da un attentato. Nel momento in cui assunse la carica di Segretario Generale, l’ONU era ancora un’istituzione in formazione e fu proprio Hammarskjöld a darne un’organizzazione compiuta e quell’ispirazione ideale che conferì il particolare prestigio di organismo internazionale super partes di cui l’istituzione ha goduto. Per capire la statura di quest’uomo, basterebbero le parole del New York Times che il giorno dopo l’incidente scrisse: «Se non fosse stato per la paziente, instancabile guida di Dag Hammarskjöld, l’ONU forse oggi non esisterebbe».

Hammarskjöld nacque a Jönköping, in Svezia, nel 1905. Fu educato secondo la più solida tradizione luterana, ricevuta in famiglia ma anche per l’influenza diretta di Nathan Söderblom, vescovo luterano di Uppsala, città dove i suoi si erano stabiliti dopo i primi incarichi politici del padre che nel corso della sua vita giungerà anche a ricoprire il ruolo di primo ministro nel governo svedese.

Dal vescovo Söderblom, che fu anche primate della Chiesa luterana svedese, il giovane Dag ricevette un’educazione protestante, ma con una forte sensibilità ecumenica. Ciò lo indirizzò verso la spiritualità luterana di Albert Schweitzer ma nello stesso tempo gli fece guardare ai grandi mistici medievali e a Blaise Pascal come suoi modelli di riferimento. Era solito meditare, oltre che sulla Sacra scrittura, sull’Imitazione di Cristo e sugli scritti di San Giovanni della Croce, del quale amava ripetere le parole «La fede è l’unione di Dio con la nostra anima».

Il primate Söderblom fu uomo di grande cultura e apertura, conosceva molte lingue, compresi il greco antico, il latino, l’ebraico e l’arabo. Nel 1930 gli fu conferito il Premio Nobel per la Pace. A lui si fa risalire, oltre che il risveglio teologico svedese, anche l’origine del movimento ecumenico moderno e la convocazione delle prime assemblee tra le varie confessioni che portò poi alla creazione del Consiglio ecumenico delle chiese.

Hammarskjöld sostenne sempre il maestro di vita nel fervore religioso che animava il suo tentativo. Nel 1925, partecipò come volontario all’organizzazione della Conferenza di Stoccolma, grande assemblea che riunì circa 600 rappresentanti delle diverse confessioni cristiane. Queste esperienze ecumeniche giovanili furono per Hammarskjöld fonte di ispirazione per tutta la vita e lo portarono alla convinzione, come scrisse, «che nel vero senso dell’evangelo, tutti gli uomini sono uguali in quanto figli di Dio e devono essere accostati e trattati da noi come i nostri signori in Dio».

Arthur Schlesinger, consigliere del presidente J.F. Kennedy, ricordava: «Con l’abilità di un burocrate e il fervore di un santo cercò di fare delle Nazioni Unite lo strumento eletto dell’umanità nella sua ricerca di salvezza». Alla formazione ecumenica viene fatta risalire la decisa volontà di Hammarskjöld di privilegiare relazioni multilaterali nell’azione diplomatica, particolarmente in quel momento nelle trattative di pacificazione in Congo, nonostante si registrasse su questo la contrarietà delle superpotenze.

Lo stesso si potrebbe dire anche per la decisione di aprire nel Palazzo di Vetro una Stanza del silenzio dove ciascun uomo potesse pregare secondo la sua professione religiosa o soltanto interrogarsi sul senso della propria esistenza, come faceva lui stesso. Un giorno, annotò drammaticamente nel suo diario: «Chiedo l’assurdo: che la vita abbia un senso».

Nel 1961 a Dag Hammarskjöld fu assegnato il Premio Nobel per la Pace, premio che però non fece in tempo a ritirare. Qualche settimana prima della cerimonia del Nobel il suo aereo precipitò. O fu abbattuto. Ancora oggi questo resta un mistero, sebbene Harry Truman, ex presidente degli Stati Uniti, abbia detto una volta: «era sul punto di ottenere risultati concreti quando lo hanno ucciso. E sottolineo quello che ho detto: “quando lo hanno ucciso”».

Al link seguente, un approfondimento: «Al passato dico grazie, al futuro dico sì».

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Paolo Tritto

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