La porta contro la quale urta il Male

"L’azione del nemico, che crede di essere lui a condurre, è puntuale e momentanea. Dura un istante finito. È un punto nell’eterno scorrere dell’amore di Dio".

La porta dell’inferno dantesco dice di sé: «Fecemi la divina potestate/la somma sapienza e il primo amore». Nell’eternità c’è una porta. Fatta di Potenza, Sapienza e Amore. Contro la quale il male urta senza sosta con il suo movimento contrario e stridente. Opposto all’armoniosa danza della Trinità. Questo movimento si ripete nel tempo. E anche nel tempo si abbatte contro la porta invalicabile che l’alto Fattore ha inviato. Il Figlio, pieno di Spirito santo. Lo ha inviato. Ad attraversare deserti, alture e abissi. Della Palestina. E del cuore dell’uomo. A farsi condurre dove il male ha posto il suo regno per essere quella “porta” onnipotente, sapiente e innamorata contro la quale è destinato a consumarsi o a rimanere imprigionato per l’eternità. A questo serve il tempo. Quello attraversato da Dio. Il kairòs. A estinguere il male o a fissarlo per sempre.

Gesù è nel deserto. Ma si muove nello Spirito. E nello Spirito il tempo e lo spazio fisico si dilatano in un sempre e dappertutto. Tempo e spazio dell’anima. Istanti e luoghi senza tempo e senza spazio dove il male incontra l’uomo e viene sconfitto da Dio. Gesù si lascia condurre. Nello Spirito (en tõ pneúmati). Nel deserto (en tê erémo). Non verso. Ma dentro. Per abitare i deserti dello spirito dell’uomo e illuminarli con l’amore dello Spirito di Dio. Anche dal diavolo si lascia condurre. In alto. Verso Gerusalemme. Stesso verbo (ágo). Tempo diverso. Diversa qualità dell’azione. Nello Spirito Gesù viene condotto in un’unica indivisibile volontà, espressa dall’azione passiva e continuativa dell’imperfetto che rivela una perfetta partecipazione. L’azione del nemico, che crede di essere lui a condurre, è puntuale e momentanea. Dura un istante finito. È un punto nell’eterno scorrere dell’amore di Dio.

Gesù si lascia condurre. Docile allo Spirito raggiunge i luoghi dove il diavolo ha potere. Dove tutto è stato messo nelle sue mani. Ne contempla il paesaggio. E lo vive sulla sua carne. L’arida durezza, l’altezza vertiginosa, l’abissale profondità. A tutti e tre i livelli della nostra vita psichica il nemico della libertà si è creato uno spazio. In esso agisce con il suo movimento disgregante, contrario all’essere e alla vita. Ma dall’Essere e dalla Vita anche lui dipende e deve inesorabilmente sottostare alla legge dell’amore quando si fa strada a tutti i livelli dell’interiorità e della storia. Ne svela l’inganno. E lo dissolve nella verità. A ogni livello. A livello fisiologico. La tentazione di sottomettere alle leggi biologiche la dignità di figli di Dio. A livello sociale. La sottile insidia di considerare il dominio e non la carità la vera legge delle relazioni. A livello razionale-spirituale. La follia di rendere assoluto il pensiero e la volontà dell’uomo. E nella pretesa di dominarlo, eliminare il mistero dall’orizzonte esistenziale dell’umanità. Ma forse più che la psicologia lo spiega meglio la letteratura. Il Grande Inquisitore di Dostoevskij: «In queste tre proposte è come condensata e profetizzata tutta la storia ulteriore dell’umanità, e sono indicate le tre forme nelle quali convergeranno poi tutte le insolubili e tradizionali contraddizioni della natura umana nel mondo intero. […] Ci sono sulla terra tre forze, tre sole, che possono vincere e imprigionare per sempre la coscienza di questi esseri deboli e ribelli, dando loro la felicità, e queste forze sono: il miracolo, l’autorità, il mistero. Tu rifiutasti la prima, la seconda e la terza, e così desti l’esempio».

L’inerme Prigioniero Gesù tace. Accusato, dopo quindici secoli, di aver restituito agli uomini la libertà rendendoli infelici, non si difende. Sapeva quanto sono laceranti i graffi del maligno. Ma lo aveva lasciato fare. Fino a consumarlo. Consummata omni tentatione. Fino all’estremo kairòs della morte. Dove Dio aveva dichiarato la sua vittoria. Consummatum est. Resta solo l’amore. Resta solo vita.

Di Enza Ricciardi dall’Osservatore Romano dell’1 marzo 2022

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