L’Osservatore Romano, nuovo, bello, inclusivo

Il quotidiano della Santa Sede non dà solo voce al Papa e ai suoi scritti, ma approfondisce, discute, chiede, s’interroga. L’Osservatore Romano esce il pomeriggio.

Sul tema della LV Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali («Vieni e vedi” (Gv 1,46). Comunicare incontrando le persone come e dove sono») annunciato a fine settembre e il cui messaggio integrale è stato pubblicato il 24 gennaio (nella festività di San Francesco di Sales, protettore dei giornalisti), parleremo quando si potrà leggere il testo per intero. Che come ogni anno è di sicuro ricco di spunti e di pro-vocazioni.

Più in là, parleremo anche della recente enciclica “Fratelli tutti” che già sta scatenando dibattiti e reazioni (anche controverse) come spesso accade con le parole di papa Francesco. Segno che – a differenza di quel che qualcuno pensa e dice – non è affatto un papato in declino (ammenoché non si voglia pensare al Santo Padre come ad una sorta di amministratore che muove pedine e strutture e il cui risultato viene giudicato dal successo immediato della sua azienda). È un testo che bisogna leggere, e forse anche rileggere e sottolineare. Per capirne bene le implicazioni e le dirette conseguenze sull’operare delle nostre comunità cristiane e sulla loro capacità di comunicare quella ricchezza profonda di pensieri e parole che da quel dì (diciamo circa duemila anni), siamo chiamati a replicare, diffondere, echeggiare, riprendere e rilanciare in tutti i modi possibili e immaginabili.

Ma dati questi opportuni rinvii, di un piccolo fatto, passato sotto silenzio ma importante, voglio dare conto in questa rubrica. Anche in poche righe.

Dopo la pausa dovuta al lockdown ha ripreso le pubblicazioni cartacee, in una nuova versione grafica, Il giornale della Santa Sede, l’Osservatore Romano. Pubblicato per la prima volta dal 1° luglio 1861. Il quotidiano diretto da Andrea Monda è sicuramente per molti versi anomalo. Organo ufficiale di un particolare tipo di Stato (e che Stato!); esce il pomeriggio; ha una impaginazione particolare che non rispetta quella tradizionale (ormai stravolta anche da altri quotidiani), basata sulla classica distinzione Politica, Esteri, Cultura, Spettacolo, Economia, Sport, ecc. (per esigenze di spazio e per la scelta di preferire altri argomenti – ovviamente -: la vita della Chiesa e in particolare l’apostolato petrino). 

Con la recente uscita in edicola dopo la chiusura imposta dalla pandemia, anche la qualità della carta (e quindi dell’oggetto giornale che il lettore tiene in mano, e magari per qualche ora della giornata) è ora di ottimo livello (anche per un eventuale archivio di numeri speciali). In un’epoca in cui l’immateriale del digitale sembra trionfare, è una scelta controcorrente coraggiosa. Bene. 

Ma ci sono due motivi che me lo fanno apprezzare: due attenzioni di tutto rilievo che vengono anche emblematicamente codificate in una specifica sezione del sito www.osservatoreromano.va: Donne-Chiesa-Mondo. In realtà sono due focus distinti, ma (guarda caso) anche strutturati in modo ordinato.

Perché, ecco il punto: la Chiesa, per sua natura, per sua costituzione è attenta da sempre alle vicende del mondo, alle gioie e ai dolori, ai successi e ai conflitti, conquiste e disfatte, dell’umanità intera. Tutto ci appartiene in quanto cristiani-cattolici, tutto può riguardarci perché siamo fratelli e sorelle, figli di un unico Padre. E per questo che non possiamo girare la testa dall’altra parte o, peggio, elevare a nemici/invasori coloro che per fame o paura scappano dalla loro terra. E l’Osservatore Romano non dà solo voce al Papa e ai suoi scritti, ma approfondisce, discute, chiede, s’interroga. E così facendo alimenta il senso di appartenenza al popolo di Dio presso una (piccola) comunità di lettori. Che fa riferimento, però, ad una grandissima comunità di fedeli.

E poi da non molto tempo, ma sempre con più insistenza (anche per merito dell’attuale pontefice), lo fa con lo sguardo femminile, con il pensiero e le modalità di approccio dell’universo femminile. Che, non sempre e non in tutte le occasioni ma di certo in maniera dominante, è un pensiero generativo e inclusivo. Per natura, per il Dna, per quella mano invisibile che dall’Alto ne ha segnato lo spirito e i caratteri. E che troppo spesso è stata trascurata, (purtroppo, anche nella Chiesa). Ebbene: la comunicazione papale (brutto termine per definire anche quella ufficiale), si fa carico di questi due assi portanti. Se poi, oltre ad essere stampato, l’Osservatore fosse anche conosciuto e letto, sarebbe una gran cosa. Ma questo è un altro discorso…

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Vittorio Sammarco

Vittorio Sammarco, giornalista pubblicista, è docente di comunicazione presso l'Università Pontificia Salesiana di Roma.

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