“Non c’è pace senza politica”. La lectio magistralis del card. Zuppi all’Università Roma Tre

Il richiamo del presidente dei vescovi italiani perché la politica torni ad affermare ciò che ci unisce e che ci rende più umani.

Le coraggiose parole del card. Matteo Zuppi all’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università Roma Tre possono, nella loro chiarezza, restituire all’uomo di oggi una speranza che le vicende della guerra in Europa sembrano precludere. La fede cristiana ha proprio il compito di annunciare che l’impossibile può accadere e che l’uomo deve ostinatamente ricercare questo impossibile. Come fu per quegli uomini che volevano portare il paralitico davanti a Gesù e, nell’impossibilità di raggiungerlo, non si persero d’animo. Con tutto il giaciglio del paralitico si arrampicarono sul tetto dell’abitazione dov’era il Signore e di qui calarono il malato perché fosse guarito. Quegli uomini credettero nell’impossibile, in quell’impossibile che invece Gesù rese possibile. «Quegli uomini» ha detto il cardinale, «penso che possiamo essere noi».

Tema della lectio magistralis del presidente dei Vescovi italiani è stato “L’educazione ai diritti e alla pace”. A questo proposito, mons. Zuppi ha detto: «Dovrei parlare di pace e diritti come questione educativa. Potrei invertire i termini perché ogni questione educativa deve condurre alla pace e ai diritti, alla costruzione di una società pacifica e alle giuste tutele collettive e individuali».

Per spiegare come ciò sia possibile, il cardinale ha richiamato la sua personale esperienza con la comunità di Sant’Egidio che fu impegnata in una difficile attività di mediazione in Mozambico nei 16 anni di guerra civile che aveva provocato un milione di vittime e in Burundi dove si stava consumando un vero genocidio. Qui è stato evidente, ha dichiarato mons. Zuppi, come «la guerra si nutre di pregiudizi, di ignoranza, di semplificazione» che rendono «coscienze imprigionate dai torti subiti e dalle ragioni di questi, dal rancore e dall’odio, incapaci di immaginare e fare pace, convinte dell’impossibilità del dialogo e del negoziato».

In contesti come questi si comprende il valore insostituibile della politica. Per il cardinale, soltanto la politica è capace di trovare ciò che unisce e rende gli uomini più umani. Soltanto la politica sa trovare la strada per soluzioni diplomatiche e tanti altri strumenti per preparare il terreno, per creare l’ambiente favorevole, per far maturare le convergenze che permettono la pace. «Per questo» ha proseguito il porporato, «mi ha colpito con preoccupazione come al Parlamento Europeo una Risoluzione che sollecitava l’apertura di un negoziato sia stata rigettata da 470 voti su 630. Mi è sembrato come un segnale della rinuncia della politica e la negazione di una pace che non sia solo la vittoria di una parte».

Ciò non significa non riuscire a riconoscere le responsabilità di chi ha provocato la guerra, ma la consapevolezza della necessità della giustizia. Ha ammonito Zuppi: «Questo è il tempo in cui un premier europeo, nella luterana Danimarca, intende abolire il plurisecolare “Grande giorno della preghiera” – che esiste dal 1686 – per potere incrementare il budget per gli armamenti con un giorno di lavoro in più». È necessario invece riprendere il cammino intrapreso dall’Europa dopo il 1945 quando si è compresa la necessità di rifiutare una storia irrazionale e di ripudiare «i miti della nazione, della razza, di terra e sangue, di fatali destini, di popoli predestinati».

Bisogna educare le giovani generazioni a non guardare alla storia dominata dal terrore di eventi inevitabili che sinistramente si ripetono minacciosi. Non bisogna considerare la guerra come qualcosa di inevitabile. Bisogna liberarsi di quel nichilismo che faceva dire a Nietzsche che «la storia è un incubo dal quale vorremmo risvegliarci». Per l’esperienza cristiana la storia è, al contrario, una storia di salvezza, una storia che libera dal male, anche dal male della guerra.

Oltre alle coraggiose e severe parole con cui il cardinale ha richiamato l’Europa all’impegno assunto con il suo “never again”, il “mai più la guerra” lanciato da Paolo VI, le parole del cardinale hanno una forte carica profetica. L’Europa ha fatto suo il proposito, ha detto Zuppi, «di mai più fare ricorso all’opzione militare dopo la tragedia del secondo conflitto mondiale. Per questo dalle università, dagli studi può e deve nascere una nuova immaginazione e antropologia di pace».

Non è casuale questo richiamo all’attività culturale dell’università. Proprio l’università Roma Tre, dove è intervenuto il cardinale, è da tempo attenta al tema della pace in Europa e alle minacce alla pace, in particolare relativamente al tentativo di contenimento dell’espansionismo sovietico – la Guerra Fredda – e oggi russo, come purtroppo vediamo nelle vicende che colpiscono l’Ucraina. Circa vent’anni fa la stessa università assegnò una tesi di laurea che fu poi pubblicata in volume dall’autrice Deborah Sorrenti col titolo “L’Italia nella guerra fredda. La storia dei missili Jupiter”. In collaborazione specialmente con l’amministrazione comunale di Matera, sindaco era all’epoca Angelo Minieri, si trattava ricostruire la realtà del sistema missilistico della NATO installato a Matera, Irsina e in altri siti della Murgia pugliese con testate atomiche puntate verso i paesi del Patto di Varsavia. Fu proprio per rispondere a questa minaccia atomica che l’Unione Sovietica inviò i missili a Cuba, decisione che portò il pianeta a un passo dalla guerra atomica.

In quella circostanza la politica, da ambo le parti, fu capace di fare un passo indietro, proprio un istante prima della catastrofe. Il presidente Kennedy pronunciò uno storico discorso in cui propose di mettere le conquiste in campo missilistico al servizio della scienza e non più al servizio della guerra. Fu proprio nella nostra Murgia che si verificò questo miracolo che sembrava impossibile da realizzare. Il generale Broglio ottenne dalla NATO la possibilità di convertire il sistema dei missili Jupiter – erano progettati da Von Braun il quale poi li userà anche per lo sviluppo del programma spaziale Saturno – in una base missilistica nelle acque del Kenya. Nel 1970 il generale poteva così inaugurare in questo paese africano una piattaforma petrolifera, adeguatamente riadattata nei cantieri navali di Taranto, che volle intitolare a Santa Rita, la santa dei casi impossibili. Tra le tante cose impossibili ci fu che l’Italia diventò il terzo paese, dopo USA e URSS, nella corsa alla conquista dello spazio, grazie a quel sistema d’arma che appena un decennio prima aveva spinto il pianeta sull’orlo della catastrofe atomica.

Come si può vedere quell’impossibile di cui parlava il cardinale Zuppi all’università di Roma Tre può davvero diventare realtà. Attorno alla presenza italiane in Kenya presso la base voluta dal generale Broglio si è creato, tra l’altro, una realtà che rappresenta oggi un fattore di notevole sviluppo tecnologico per il paese africano. Il caso ha voluto che, proprio pochi giorni dopo la lectio magistralis del cardinale Zuppi, il presidente Sergio Mattarella si sia recato in Kenya, presso il centro spaziale Luigi Broglio. Con questa visita il Presidente ha voluto mostrare come questo caso è l’esempio di come sia possibile creare, in un’area attraversata da forti tensioni, «un clima collaborazione e non di conflittualità tra gli stati della terra».

Mons. Zuppi alle Alemanni” di Humans Of Tukulti
sotto licenza CC BY 2.0 .

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Paolo Tritto

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