Non è proprio tutto Green

Il Green pass sta diventando un oggetto ricercato e desiderato non meno del mitico barbiere di Siviglia! Qualche appassionato della lirica non mancherà di far notare che il Green Pass ha la stessa affidabilità come salvacondotto di quello che il perfido Barone Scarpia concesse alla giovane Tosca.

Ora che la certificazione verde, più nota con il termine inglese Green Pass, è diventata operativa in forza di un Decreto legge possiamo tentare di darne un giudizio che tenga conto delle ragioni tanto dei sostenitori che dei detrattori.  

Anche altre nazioni europee hanno deciso di adottarla, seppure in forme diverse: inizialmente per accrescere la sicurezza dei trasporti, poi per limitare i contagi nelle strutture sanitarie e nei luoghi chiusi.

In Italia lo si è giudicato uno strumento utile per la ripresa della didattica scolastica in presenza.

Cercherò di illustrarne i vantaggi ed i punti di debolezza sulla base degli obiettivi che si è inteso perseguire.

Il primo obiettivo dichiarato è quello di limitare il rischio di contagio nei luoghi confinati o con maggiore affollamento tenendo conto che per la trasmissione del virus da soggetto a soggetto è necessario un contatto stretto anche solo di 15 minuti a distanza inferiore a 2 metri.  In aree frequentate da persone poco o nulla suscettibili di contrarre l’infezione il virus avrebbe più difficoltà a diffondersi.

Questo obiettivo sarebbe massimamente raggiunto se il Green pass fosse concesso alle sole persone guarite, dotate quindi di una immunità acquisita spontaneamente, e a coloro che avessero completato l’intero ciclo vaccinale.  E’ noto al contrario che il Green pass spetta anche a quanti abbiano ricevuto la prima dose di vaccino nelle due settimane precedenti o che siano risultati negativi ad un tampone (molecolare o antigenico, quest’ultimo meno affidabile del primo) nelle 48 ore precedenti.

Queste due categorie di aventi diritto vanno ad elevare, seppure in misura ridotta, le probabilità di contagio; si consideri che anche l’uso della mascherina, sempre che avvenga in modo corretto, limita grandemente ma non annulla del tutto la possibilità di trasmissione.

Il secondo obiettivo è quello di incentivare l’adesione alla campagna vaccinale facendo leva sulla responsabilità individuale e sul comprensibile desiderio di non subire limitazioni nella vita sociale.

Chi considera questo un “ricatto di Stato” preferendo semmai piegare la propria libertà ad un obbligo di legge non tiene conto di alcuni elementi:

1. non essendo ammessa per tale materia la decretazione di urgenza servirebbe un lungo iter legislativo;

2. superando il criterio delle categorie prioritarie, i tempi per la copertura vaccinale dell’intera popolazione si dilaterebbero oltre misura;

3. l’obbligatorietà della vaccinazione anti Covid potrebbe non superare una verifica di costituzionalità dal momento che i vaccini attualmente disponibili hanno ricevuto dall’EMA (Agenzia Europea del Farmaco) una autorizzazione “condizionata” all’immissione in commercio:  questa viene adottata, pur in presenza di una documentazione scientifica incompleta ma in costante aggiornamento, quando i benefici dimostrati dal loro impiego superano di gran lunga gli eventuali rischi, nel rispetto degli standard di sicurezza, efficacia e qualità;

4. in ultimo rimarrebbe una quota di popolazione impossibilitata a vaccinarsi per ragioni di tipo medico.

Per non penalizzare questi cittadini il Ministero della Salute ha emesso una  Circolare che permetterà il rilascio del Green pass anche alle persone che, in via temporanea o permanente, non possono essere vaccinate.

Chi potrà usufruire di questa deroga e in che modo?

Innanzitutto si dovrà tener conto di ha avuto reazioni gravi dopo la prima dose, di chi soffre di allergie a eccipienti dei singoli vaccini, di chi ha manifestato episodi di sindrome da perdita capillare.

La circolare non elenca tutte le possibili cause mediche di esonero dalla vaccinazione tra le quali meritano una menzione le rare sindromi trombofiliche e le condizioni di immunodeficienza: le prime controindicano in modo assoluto e permanente i vaccini a vettore virale, le seconde comportano l’impossibilità di sviluppare una risposta anticorpale al vaccino, rendendolo di fatto inutile.

Non costituiscono controindicazione alla vaccinazione né la gravidanza né l’allattamento: le Società scientifiche europee e nord americane la raccomandano invece fortemente in quanto in grado di assicurare una protezione passiva nei confronti dei neonati e dei lattanti.

La Circolare conferma che “l’esecuzione di test sierologici, volti a individuare la risposta anticorpale nei confronti del virus, non è raccomandata ai fini del processo decisionale vaccinale”.

Abilitati al rilascio delle Certificazioni di esenzione alla vaccinazione anti Covid 19, qualora debba essere “omessa o differita per la presenza di specifiche condizioni cliniche documentate che la controindichino in maniera permanente o temporanea”, sono esclusivamente i medici vaccinatori dei servizi vaccinali, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta.

Fino al 30 settembre 2021 il certificato potrà essere rilasciato in modalità cartacea, successivamente il Sistema Tessera Sanitaria permetterà il rilascio del Green pass agli aventi diritto in formato digitale.

Per la tutela della privacy il certificato cartaceo dovrà contenere i soli dati identificativi del paziente (nome, cognome e data di nascita) senza citare la motivazione clinica della esenzione dall’obbligo vaccinale; andrà invece riportata la data di fine validità (non oltre il 30/9/2021) e la dicitura “Certificazione valida per consentire l’accesso ai servizi e attività di cui al comma 1 art. 3 del Decreto Legge 23 luglio 2021 n. 105”.

Le Regioni avranno il compito di verificare i criteri adottati per il rilascio delle esenzioni da parte dei medici certificatori.

Tra i medici di famiglia serpeggia già un certo malumore perché, mentre nei mesi scorsi qualcuno ha scalato in modo autonomo, come caregiver, i gradini delle classi di priorità per ottenere l’agognato vaccino, ora c’è il rischio che un certo numero di pazienti, ricorrendo o meno le condizioni cliniche, possano chiedere o pretendere dal proprio medico curante un certificato di esenzione vaccinale finalizzato al rilascio di un Green pass valido a tutti gli effetti. 

La SIMG (Società Italiana di Medicina Generale), in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute, ha pubblicato un manuale operativo sull’esenzione da vaccino anti Covid utile ad individuare con maggior chiarezza le persone che non possono essere vaccinate per impedimenti a carattere temporaneo o permanente.

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Erasmo Bitetti

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