“Manda il tuo Spirito e tutto sarà creato, e tu rinnoverai la faccia della terra”: la celebre antifona della liturgia di Pentecoste mette sulle nostre labbra parole pregnanti, dense di senso e significato, che vanno ponderate attentamente. Ma come non essere presi dal timore, forse anche dalla disperazione, quando guardiamo la faccia della terra? Dove stiamo andando? Come Stiamo andando? Cosa succederà domani a questa umanità ? Nel tempo, così agitato e complesso, in cui viviamo si può davvero ancora parlare di bene comune ?
Certo è che noi, non siamo solo gli uomini di oggi, ma alla luce della nostra fede – che è l’oggi di Dio – noi siamo l’oggi di Dio.
Chi crede, infatti, si fa “avanguardia di speranza” ed è reso capace dallo Spirito di superare le barriere umane di sistemi ostili; di vincere le barriere sociali di ogni classismo che frammenta e impoverisce l’umanità; di abbattere le barriere culturali di stili di vita derivanti da un pensiero debole che snatura l’umano; di superare le barriere territoriali che dividono l’uomo dall’uomo.
Non si è cristiani a titolo personale, in un torre d’avorio o isolati dal mondo. L’essere di Cristo implica il rendere ragione di un incontro personale con il Risorto: un incontro che cambia la vita in profondità e che offre modi nuovi di osservare, vivere e fecondare la realtà.
La luce della risurrezione illumina la storia, la rende bella e le impedisce di invecchiare.
Più che domandarci, allora, qual è la direzione presa dalla nostra storia dovremmo chiederci: che fiducia abbiamo nella presenza e nell’azione dello Spirito Santo nei travagli della cultura a noi contemporanea ?
Pentecoste è manifestazione d’amore.
Chi vive, nella Pentecoste, nel dinamismo dello Spirito, è spinto – per amore – a smuovere le coscienze impigrite, addormentate, esteriorizzate e spesso abituate a confondere il male con il bene, il vero con il falso, l’inganno con la verità.
Sentiamo che il vento dello Spirito debba soffiare più forte, perché forte nel mondo si avverte la mancanza di Cristo. Non si tratta, semplicisticamente, di scegliere tra la fede e le opere, né di sovrapporre la fede alle opere, ma si tratta di mettere in opera la fede.
“Essere cristiano, ci ricorda Papa Francesco, non significa fare cose. Significa lasciarsi rinnovare dallo Spirito Santo che rinnova tutto. Rinnova il nostro cuore, la nostra vita e ci fa vivere in uno stile diverso. Significa, per usare le parole di Gesù, diventare “vino nuovo” e per il vino nuovo sono necessari otri nuovi” (Meditazione, Casa Santa Marta 6 luglio 2013).
Per rinnovare gli “otri sociali” del nostro tempo, per rinnovare le strutture – talvolta caduche – della nostra società, è necessario innanzitutto desiderare di essere vino nuovo.
E Pentecoste è lo spazio infinito del desiderio, Pentecoste è il luogo in cui i nostri desideri umani di un “mondo migliore”, irrorato dai principi del bene comune, possono essere agganciati dallo Spirito ed essere estesi sino all’infinto del cielo di Dio.
Il miracolo di una “società nuova”, di un “tempo nuovo”, di una “cultura nuova” non risiede nelle nostre capacità umane, ma nella forza spirituale che è nella nostra fede, nella nostra docilità all’azione dello Spirito Santo che ci è donato, perché appaia chiaramente che tutto è opera sua !
Talvolta abbiamo un senso di pienezza, di appagamento della nostra vita di fede, ma forse il Signore ci chiede un “di più” perché è evidente che dinanzi a noi c’è un mondo che ci sfida e che ci provoca all’amore.
Desideriamo, allora, essere artefici di quel “di più” di speranza per questo nostro tempo: una umanità nuova, disponibile ad entrare nella storia come immagine non di una “chiesa ideale” ma di una “chiesa Possibile”, fatta di donne e uomini che hanno che hanno aperto le porte della loro vita alla grazia dello Spirito, di donne e uomini – di cuore – che si sono lasciati amare da Dio e che si scoprono ogni giorno capaci di amore, di donne e uomini consapevoli che “l’amore che si dona è l’unico che si riceve”.
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