Sarà un Natale per tutti?

Ci si chiede, perché il Natale non viene per tutti? Nella normalità, se ci fosse veramente una “normalità”, al di là della pandemia, che attualmente imperversa in tutto il mondo, il Natale arriva per tutti gli uomini, almeno per i credenti cristiani. Ma qualcuno potrebbe dire: si può veramente chiamare Natale quello che vivono i clochard accampati in vari punti delle città che nelle migliori delle ipotesi sono portici, portoni o ponti sempre comunque all’esterno, esposti al freddo ed alla pioggia? Si può chiamare Natale quello dei migranti bloccati ai confini tra Polonia e Bielorussia che si trovano all’aperto, esposti al gelo dell’inverno più rigido degli ultimi anni e che spesso non possono ricevere neanche cibo, acqua ed altri mezzi si sopravvivenza perchè i militari di sorveglianza impediscono l’accesso a chi porta aiuti e cibo? Si può chiamare Natale per i migranti che attraversano il Mediterraneo con mezzi di fortuna rischiando in ogni momento la vita per annegamento? Si può chiamare Natale per quei lavoratori che stazionano da mesi e, a volte da anni, davanti alle fabbriche chiuse perché le proprietà hanno preferito delocalizzare investendo in paesi dove i lavoratori, spesso, oltre a non avere professionalità certamente vengono pagati con un salario decine di volte minore a quello italiano consentendo loro di fare il business? Si può chiamare Natale per i migranti che stanno in Italia in attesa di identificazione, sparsi nel territorio nazionale oppure per quelli identificati ma liberi di essere assoldati da caporali per essere sfruttati fino all’osso come nella schiavitù?

Quest’anno, nonostante ancora in piena pandemia, si intravedono miglioramenti nei consumi e un aumento del reddito pro-capite, anche se in misura contenuta. Questa situazione è confermata da un’indagine che mostra una società civile in qualche misura generosa: l’11,8% degli italiani regaleranno del denaro o beni materiali a conoscenti in difficoltà, il 9,1% metterà a disposizione tempo e risorse verso i bisognosi.

Tuttavia, la povertà resta un fenomeno molto presente e con la pandemia si è allargato ulteriormente. Il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo ricorda cheoltre 1 milione di persone in Italia è scivolato sotto la soglia della povertà assoluta nel 2020, portando il numero totale a 5,6 milioni di individui, compreso 1 milione e 330 mila minori. La povertà ha varie caratteristiche: si può non avere soldi per fare la spesa, per pagare un affitto o le bollette dei vari servizi pubblici. Ma la povertà assoluta è quella dei senza tetto che non hanno come sfamarsi e nemmeno un posto dove ricoverarsi trovando, spesso anche con figli minori, ricovero in luoghi di fortuna e senza una copertura sulla testa.

Marco Impagliazzo sostiene che l’emergenza non si è ancora conclusa e per aiutare i poveri si può farlo soltanto insieme cittadini e istituzioni per realizzare una grande mobilitazione in favore di chi ha subito maggiormente le conseguenze economiche e sociali della pandemia. «C’è bisogno di un salto di solidarietà e responsabilità. Le feste di Natale, momento caldo e di famiglia, saranno l’occasione per aggiungere un posto a tavola e per non dimenticare chi ha bisogno», sostiene ancora il presidente della Comunità di Sant’Egidio.

Oltre all’encomiabile sforzo della Comunità di Sant’Egidio, il Natale cosa porterà di buono a poveri e ricchi, residenti e migranti, credenti e non credenti? Intanto, dobbiamo tener presente che Gesù bambino porterà quella salvezza tanto attesa a tutti gli uomini di buona volontà come ristoro del cuore e dello spirito che il Dio fatto uomo ci ha portato svuotando se stesso, donandoci il senso della fraternità che porta a “farci altri” andando incontro al prossimo ed alle sue necessità.

Papa Francesco, durante la preghiera dei cristiani in occasione dell’incontro internazionale per la pace promosso dalla Comunità di Sant’Egidio il 20 ottobre 2020,   ha affermato: «Più saremo attaccati al Signore Gesù, più saremo aperti e “universali”, perché ci sentiremo responsabili per gli altri».

Concludo con un passo tratto dalle parole della Novena di Natale del 17 dicembre 2021 “Pane spezzato, vita donata” riportata su Logos:  «Darsi agli altri non significa sostituirsi a loro ma vuol dire avere uno sguardo nuovo su sé stessi, guardare la propria povertà non come ostacolo alla propria felicità ma come opportunità per realizzare da protagonisti l’anelito più profondo alla comunione. Accogliere la sofferenza altrui, senza la presunzione di offrire soluzioni, ci permette di accettare il fatto di essere anche noi come pecore mancanti del pastore e bisognose di ritrovare una guida che ci accompagni ai pascoli».

Buon Natale

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Domenico Infante

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