Tragedia funivia Stresa-Mottarone. Fiasco: “La responsabilità è stata messa in sordina. Ora prevenire altri disastri”

C’è una “banalità del male” a fronte “di un risparmio e di una scarsità che annebbia la coscienza”, spiega al Sir il sociologo. Certo, aggiunge, “la coscienza, la responsabilità e la colpa non sono cancellabili. E la leva morale va sempre azionata, ma c’è un problema di sistema: vediamo un aumento della temerarietà”.

La tragedia della funivia Stresa-Mottarone, costata la vita a 14 persone, ha scosso l’Italia, soprattutto perché, con il passare dei giorni, sono emersi particolari inquietanti: volontariamente erano stati manomessi i freni di emergenza per evitare di fermare l’impianto, alla ripresa delle attività dopo il blocco legato all’emergenza sanitaria. Di “sconsiderata condotta” parla la procura di Verbania: ai tre arrestati per l’incidente alla funivia sono contestati fatti di “straordinaria gravità” per la loro “deliberata volontà” di bloccare i freni di emergenza “per ragioni di carattere economico e in assoluto spregio delle più basilari regole di sicurezza”. Eppure, avverte il sociologo Maurizio Fiasco, sarebbe sbagliato liquidarli come semplici “mostri”.

Prof. Maurizio Fiasco

Ci spieghi, professore.

Nel caso del Mottarone hanno influito più schemi mentali nel decidere di fare questo azzardo incosciente, inoltre c’è stato il dolo. È un episodio estremo che contiene tutta la filiera degli errori, della falsa coscienza, degli schemi che si vogliono seguire anche contro i dati di realtà, insomma è una sintesi di disfunzioni e di responsabilità non osservate che si riscontrano, però, in una larga gamma di comportamenti, dal campo sanitario a quello ingegneristico, dall’ambiente di lavoro alla guida in autostrada. Ci sono dei sociologi che hanno dedicato la vita a trovare dei paradigmi, che si ripetono in episodi come questi per indicare cosa si può fare per evitarli. La parte più sconcertante è che gli autori del disastro del Mottarone non sono dei mostri, sono persone come tante altre che consapevolmente hanno scelto di giocare d’azzardo. Se li individuiamo come mostri, allontaniamo la paura di una replicabilità di comportamenti di questo tipo. Ugualmente se consideriamo eccezionali i fatti che hanno portato al disastro, è più tranquillizzante. Ma non è così.

Cosa può portare ad assumere atteggiamenti che mettono a rischio la sicurezza?

Influiscono il conformismo dell’organizzazione, l’irresponsabilità sotto la forma del “faccio quel che devo, accada quel che può”, la non volontà di contraddire i desiderata dell’azionista.

C’è una scelta sicuramente amorale, che porta un risparmio della responsabilità. In gioco c’è anche la scarsità non solo di risorse, ma anche dal punto di vista cognitivo e comportamentale.

Da qui nasce l’inquietudine perché oggi ci sono tanti sistemi, tante organizzazioni, tante persone che sono sotto il tallone di ferro della scarsità per il blocco delle entrate, per le scadenze da rispettare, per avere allontanato la responsabilità. Dunque, c’è l’avidità, l’interesse economico, ma c’è anche la scarsità, cioè la differenza tra la soglia dell’equilibrio e le condizioni in cui io verso. I concessionari della funivia stavano sotto la pressione di una crisi e di una scarsità rispetto ai bilanci previsionali e a un sovraccarico di oneri inderogabili. La scarsità è una condizione che cambia il quadro nel quale prendiamo una decisione, riducendo le nostre capacità cognitive ed esecutive. All’opposto, troviamo il buon samaritano, figura evangelica, ma anche un paradigma, un messaggio educativo, perché, come spiegano le neuroscienze, il buon samaritano attiva una sfera dell’intelligenza che nasce dalla bontà ma risolve problemi molto complessi.

La coscienza non dovrebbe essere un argine a un comportamento irresponsabile?

C’è una “banalità del male” a fronte di un risparmio e di una scarsità che annebbia la coscienza.

Certo, la coscienza, la responsabilità e la colpa non sono cancellabili. E la leva morale va sempre azionata, ma c’è un problema di sistema: vediamo un aumento della temerarietà, ad esempio, nella circolazione stradale. Ovviamente, non dico che questi comportamenti temerari siano giustificabili perché c’è una forte pressione. Ma, dopo il tempo del lockdown, sta arrivando il momento della verità in cui dobbiamo farci carico dei problemi, del nostro conto economico, delle malattie che non si sono prevenute, dei controlli sanitari saltati, delle esigenze dei figli che non si sono potute soddisfare, degli anziani che abbiamo trascurato, della manutenzione delle auto che non abbiamo fatto. In Italia un terzo delle famiglie ha avuto un taglio drastico del proprio reddito, una famiglia su 20 ha perso più del 50% del reddito e una famiglia su 10 ha perso dal 25 al 50% del reddito rispetto all’anno precedente. Questo non vuol dire assolvere chi ha permesso il disastro del Mottarone o i morti sul lavoro come nel caso di Luana, ma della pressione, della scarsità, della sofferenza che tutti abbiamo vissuto, i decisori pubblici e chi ha responsabilità devono tenere conto per attivare una prevenzione efficace e un supporto efficiente facendosi carico della complessità e accompagnando le persone al ritorno alla normalità. Insomma, non basta solo la deterrenza del messaggio di punizione.

Ci sono dei segnali di pericolo da non sottovalutare?

Il fondatore della sociologia dei disastri, l’ingegner Barry Turner, considera l’errore umano una colossale sciocchezza. C’è una patologia di comportamento che si può inquadrare e si può prevenire. Esaminando disastri enormi come lo sversamento in mare di greggio da petroliere o il deragliamento di treni, Turner dice che non sono fulmini a ciel sereno ma nella fase di incubazione del disastro i segnali non sono stati colti perché la cornice cognitiva viene deformata dalla scarsità. Dopo il disastro ci si sveglia e riaffiora alla memoria tutta una sequenza di segnali del disastro imminente che inconsciamente era stata incamerata. Torniamo al Mottarone: i disguidi tecnici erano i segnali che il disastro in incubazione mandava ma tra proprietà, gestori e addetti si era creato uno spazio disfunzionale di operare che ha messo la sordina alla responsabilità. La tragedia della funivia ci deve servire a prevenire i tanti disastri che dopo la pandemia potrebbero verificarsi in tanti settori.

Di Gigliola Alfaro dal sito del SIR del 28 maggio 2021

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