“Tu sei beata perché hai creduto”. Un gesto che salva una vita e il mondo intero

Nella culla per la vita presso la Croce Rossa di Bergamo accolta una bambina appena nata.

Un segnale d’allarme è scattato alle ore 17 del 3 maggio scorso alla sede della Croce Rossa di Bergamo. Se non si trattava di uno scherzo, l’allarme poteva significare che c’era qualcosa nella culla per la vita che era stata allestita da tempo davanti alla sede.

C’era infatti qualcosa e quello che c’era era proprio una vita. C’era una bambina nata in quello stesso giorno, dal peso di quasi tre chili. La creatura stava bene, non sembrava nemmeno infreddolita, i parametri vitali erano perfetti. “Forse aveva soltanto fame” ha detto la signora Antonella, l’operatrice della CRI che l’ha soccorsa per prima.

Pochi minuti dopo, il tempo di ritirare il fagotto e stringerlo tra le calde braccia dell’operatrice, l’allarme ha suonato una seconda volta. Questa volta, era stato lasciato un bigliettino con queste parole: “Nata stamattina, 3/5/2023, a casa. Solo io e lei come in questi nove mesi. Non posso, ma le auguro tutto il bene e la felicità del mondo. Un bacio per sempre dalla mamma. Vi affido un pezzo importante della mia vita che sicuramente non dimenticherò mai”. 

Sono evidentemente parole scritte dalla stessa mamma della bambina. Come mai la madre non ha inserito quel bigliettino nella culla insieme alla figlia appena nata? Anche questo è evidente: quella donna era rimasta davanti alla porta in attesa, o qualcuno per lei, a controllare che prendessero davvero la bambina.

“Non posso, ma le auguro tutto il bene e la felicità del mondo”. È una dichiarazione di impotenza, ma è anche una dichiarazione d’amore. Dell’amore più bello che ci sia, quello di una mamma per il figlio del suo seno.

L’episodio ricorda un altro caso simile di circa un mese prima presso la culla per la vita della clinica Mangiagalli di Milano. Quel caso aveva suscitato un certo clamore, con appelli perché la mamma riprendesse il bambino, appelli accompagnati da promesse di un sostegno economico. Reazioni generose ma che non facevano forse i conti con il reale dramma che nascondeva quell’abbandono e dando per scontato che dietro un abbandono debba esserci sempre una storia di povertà.

Infatti, nel caso di Bergamo, sembra di capire che quella nascita sia frutto piuttosto di una gravidanza tenuta nascosta per qualche misteriosa ragione. “Solo io e lei come in questi nove mesi”. Davanti a questo mistero non possono esserci parole. Del resto, nessuno ha il diritto di giudicare i sentimenti di una mamma. Più giusto è cercare di capire il significato del gesto di quella donna, il gesto di aprire lo sportello della culla per la vita.

È un gesto che, pur in una drammaticità determinata da acuto dolore e desolante impotenza, ha saputo affermare una superiore speranza. Quella mamma sapeva che quella vita sarebbe stata accolta tra braccia amorose. Era certa che gli occhi della sua bambina avrebbero incrociato il sorriso buono di qualcuno.

Il suo drammatico gesto scaturiva dalla ostinata certezza di una realtà positiva, di un mondo buono nel quale sua figlia, un pezzo importante della sua vita e più preziosa di qualsiasi altra cosa, sarebbe stata cresciuta con amore. Quella mamma ha creduto nella bontà del nostro cuore di uomini nel quale forse nemmeno noi stessi crediamo molto.

Quella mamma ha creduto. Non niente che possiamo dire a questa donna se non quelle stesse parole che furono rivolte alla Madonna: “Tu sei beata perché hai creduto”.

Il 3 maggio scorso questa donna, con trepidazione e fiducia, ha consegnato sua figlia alla culla per la vita della Croce Rossa di Bergamo. Erano le ore 17 e da quel momento è sembrato che il vecchio mondo fosse diventato improvvisamente migliore.

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Paolo Tritto

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