Viaggi apostolici. Papa in Iraq: incontro interreligioso

“Non permettiamo che la luce del Cielo sia coperta dalle nuvole dell’odio!”, l’invito ai presenti di Papa Francesco: “Sopra questo Paese si sono addensate le nubi oscure del terrorismo, della guerra e della violenza. Ne hanno sofferto tutte le comunità etniche e religiose”.

(Foto Vatican Media/SIR)
“guardiamo il cielo e camminiamo sulla terra”

“Questo luogo benedetto ci riporta alle origini, alle sorgenti dell’opera di Dio, alla nascita delle nostre religioni”. Da Ur dei Caldei, patria di Abramo e culla delle tre religioni monoteistiche, il primo Papa a recarsi in un Paese a maggioranza sciita chiama a raccolta i leader delle religioni per compiere un altro passo nel cammino della fraternità iniziato due anni fa con il Documento di Abu Dhabi. “Qui, dove visse Abramo nostro padre, ci sembra di tornare a casa”, ha detto Francesco nell’incontro interreligioso, occasione del suo terzo discorso in Iraq: “Qui egli sentì la chiamata di Dio, da qui partì per un viaggio che avrebbe cambiato la storia”. “Noi siamo il frutto di quella chiamata e di quel viaggio”, la carta d’identità delle religioni dall’unico padre: “Dio chiese ad Abramo di alzare lo sguardo al cielo e di contarvi le stelle. In quelle stelle vide la promessa della sua discendenza, vide noi. E oggi noi, ebrei, cristiani e musulmani, insieme con i fratelli e le sorelle di altre religioni, onoriamo il padre Abramo facendo come lui: guardiamo il cielo e camminiamo sulla terra”. (M.N.)

“se vogliamo custodire la fraternità, non possiamo perdere di vista il cielo”

“Se vogliamo custodire la fraternità, non possiamo perdere di vista il Cielo”. Ne è convinto il Papa, che dalla piana di Ur ha esortato i leader religiosi a “non separarci mai dal fratello che sta accanto a noi”. “Noi, discendenza di Abramo e rappresentanti di diverse religioni – ha affermato Francesco nel suo terzo discorso in Iraq – sentiamo di avere anzitutto questo ruolo: aiutare i nostri fratelli e sorelle a elevare lo sguardo e la preghiera al Cielo. Tutti ne abbiamo bisogno, perché non bastiamo a noi stessi. L’uomo non è onnipotente, da solo non ce la può fare. E se estromette Dio, finisce per adorare le cose terrene”. “Ma i beni del mondo, che a tanti fanno scordare Dio e gli altri, non sono il motivo del nostro viaggio sulla Terra”, il monito del Papa: “Alziamo gli occhi al Cielo per elevarci dalle bassezze della vanità; serviamo Dio, per uscire dalla schiavitù dell’io, perché Dio ci spinge ad amare. Ecco la vera religiosità: adorare Dio e amare il prossimo. Nel mondo d’oggi, che spesso dimentica l’Altissimo o ne offre un’immagine distorta, i credenti sono chiamati a testimoniare la sua bontà, a mostrare la sua paternità mediante la loro fraternità”. (M.N.)

“ostilità, estremismo e violenza sono tradimenti della religione”

“Da questo luogo sorgivo di fede, dalla terra del nostro padre Abramo, affermiamo che Dio è misericordioso e che l’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello”. Nel suo terzo discorso in Iraq, da Ur dei Caldei, il Papa ha lanciato un nuovo appello alla fraternità. “Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione”, ha ribadito facendo eco a quanto affermato ieri nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad: “E noi credenti non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della religione. Anzi, sta a noi dissolvere con chiarezza i fraintendimenti”. “Non permettiamo che la luce del Cielo sia coperta dalle nuvole dell’odio!”, l’invito per la terra di Abramo: “Sopra questo Paese si sono addensate le nubi oscure del terrorismo, della guerra e della violenza. Ne hanno sofferto tutte le comunità etniche e religiose”. Ancora una volta, come aveva fatto nel suo primo discorso dal Palazzo presidenziale di Baghdad, il Papa menzionato in particolare la comunità yazida, “che ha pianto la morte di molti uomini e ha visto migliaia di donne, ragazze e bambini rapiti, venduti come schiavi e sottoposti a violenze fisiche e a conversioni forzate”. “Oggi preghiamo per quanti hanno subito tali sofferenze, per quanti sono ancora dispersi e sequestrati, perché tornino presto alle loro case”, l’invito: “E preghiamo perché ovunque siano rispettate e riconosciute la libertà di coscienza e la libertà religiosa: sono diritti fondamentali, perché rendono l’uomo libero di contemplare il Cielo per il quale è stato creato”. (M.N.)

“rendere i luoghi sacri oasi di pace e di incontro per tutti”

“Il terrorismo, quando ha invaso il nord di questo caro Paese, ha barbaramente distrutto parte del suo meraviglioso patrimonio religioso, tra cui chiese, monasteri e luoghi di culto di varie comunità. Ma anche in quel momento buio sono brillate delle stelle”. È l’analisi del Papa, che nell’incontro interreligioso nella piana di Ur ha citato come segno di speranza “i giovani volontari musulmani di Mosul, che hanno aiutato a risistemare chiese e monasteri, costruendo amicizie fraterne sulle macerie dell’odio, e i cristiani e musulmani che oggi restaurano insieme moschee e chiese”. “È importante peregrinare verso i luoghi sacri: è il segno più bello della nostalgia del Cielo sulla Terra”, ha affermato Francesco evidenziando il segnale positivo del ritorno dei pellegrini in questa città: “Amare e custodire i luoghi sacri è una necessità esistenziale, nel ricordo del nostro padre Abramo, che in diversi posti innalzò verso il cielo altari al Signore”. “Il grande patriarca ci aiuti a rendere i luoghi sacri di ciascuno oasi di pace e d’incontro per tutti!”, l’auspicio del Papa: “il nostro essere oggi qui sulle sue orme sia segno di benedizione e di speranza per l’Iraq, per il Medio Oriente e per il mondo intero. Il Cielo non si è stancato della Terra: Dio ama ogni popolo, ogni sua figlia e ogni suo figlio! Non stanchiamoci mai di guardare il cielo, di guardare queste stelle, le stesse che, a suo tempo, guardò il nostro padre Abramo”. (M.N.)

“non ci salveranno i muri, l’idolatria del denaro, il consumismo”. “Remare insieme dalla stessa parte”

Quello di Abramo, cominciato proprio da Ur, “fu un cammino in uscita, che comportò sacrifici: dovette lasciare terra, casa e parentela. Ma, rinunciando alla sua famiglia, divenne padre di una famiglia di popoli”. A farlo notare è stato il Papa, nell’incontro interreligioso durante il quale ha tenuto il suo terzo discorso in Iraq. “Anche a noi succede qualcosa di simile”, ha attualizzato Francesco: “nel cammino, siamo chiamati a lasciare quei legami e attaccamenti che, chiudendoci nei nostri gruppi, ci impediscono di accogliere l’amore sconfinato di Dio e di vedere negli altri dei fratelli”. ”Abbiamo bisogno di uscire da noi stessi, perché abbiamo bisogno gli uni degli altri”, l’appello, sulla scorta della Fratelli tutti: “La pandemia ci ha fatto comprendere che nessuno si salva da solo”. Eppure ritorna sempre la tentazione di prendere le distanze dagli altri. Ma il ‘si salvi chi può’ si tradurrà rapidamente nel ‘tutti contro tutti, e questo sarà peggio di una pandemia”. “Nelle tempeste che stiamo attraversando non ci salverà l’isolamento, non ci salveranno la corsa a rafforzare gli armamenti e ad erigere muri, che anzi ci renderanno sempre più distanti e arrabbiati”, la tesi del Papa: “Non ci salverà l’idolatria del denaro, che rinchiude in sé stessi e provoca voragini di disuguaglianza in cui l’umanità sprofonda. Non ci salverà il consumismo, che anestetizza la mente e paralizza il cuore. La via che il Cielo indica al nostro cammino è un’altra, è la via della pace. Essa chiede, soprattutto nella tempesta, di remare insieme dalla stessa parte”.

“convertire gli strumenti di odio in strumenti di pace”

“Nella storia abbiamo spesso inseguito mete troppo terrene e abbiamo camminato ognuno per conto proprio, ma con l’aiuto di Dio possiamo cambiare in meglio”. Ne è convinto il Papa, che da Ur, nella parte finale del discorso tenuto durante l’incontro interreligioso, ha lanciato un forte e impegnativo appello ai leader presenti: “Sta a noi, umanità di oggi, e soprattutto a noi, credenti di ogni religione, convertire gli strumenti di odio in strumenti di pace. Sta a noi esortare con forza i responsabili delle nazioni perché la crescente proliferazione delle armi ceda il passo alla distribuzione di cibo per tutti. Sta a noi mettere a tacere le accuse reciproche per dare voce al grido degli oppressi e degli scartati sul pianeta: troppi sono privi di pane, medicine, istruzione, diritti e dignità! Sta a noi mettere in luce le losche manovre che ruotano attorno ai soldi e chiedere con forza che il denaro non finisca sempre e solo ad alimentare l’agio sfrenato di pochi. Sta a noi custodire la casa comune dai nostri intenti predatori. Sta a noi ricordare al mondo che la vita umana vale per quello che è e non per quello che ha, e che le vite di nascituri, anziani, migranti, uomini e donne di ogni colore e nazionalità sono sacre sempre e contano come quelle di tutti! Sta a noi avere il coraggio di alzare gli occhi e guardare le stelle, le stelle che vide il nostro padre Abramo, le stelle della promessa”. “Il cammino di Abramo fu una benedizione di pace. Ma non fu facile: egli dovette affrontare lotte e imprevisti”, ha ammesso il Papa: “Anche noi abbiamo davanti un cammino accidentato, ma abbiamo bisogno, come il grande patriarca, di fare passi concreti, di peregrinare alla scoperta del volto dell’altro, di condividere memorie, sguardi e silenzi, storie ed esperienze”. “Per andare avanti, abbiamo bisogno di fare insieme qualcosa di buono e di concreto”, la consegna di Francesco: “Questa è la via, soprattutto per i giovani, che non possono vedere i loro sogni stroncati dai conflitti del passato! È urgente educarli alla fraternità, educarli a guardare le stelle. È una vera e propria emergenza; sarà il vaccino più efficace per un domani di pace. Perché siete voi, cari giovani, il nostro presente e il nostro futuro! Solo con gli altri si possono sanare le ferite del passato”. “Quanta gente qui, nel silenzio e nel disinteresse del mondo, ha avviato cammini di fraternità!”, l’omaggio del Papa: “Noi, fratelli e sorelle di diverse religioni, ci siamo trovati qui, a casa, e da qui, insieme, vogliamo impegnarci perché si realizzi il sogno di Dio: che la famiglia umana diventi ospitale e accogliente verso tutti i suoi figli; che, guardando il medesimo cielo, cammini in pace sulla stessa terra”. (M.N.)

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