Commenti e interviste a delegati e pellegrini del Congresso Eucaristico Nazionale

Il Congresso Eucaristico Nazionale porta i suoi primi frutti attraverso le riflessioni di alcuni partecipanti alle intense giornate vissute a Matera. Pubblichiamo una serie di articoli e interviste.

Intervista di Federico Longo a Mons. Giuseppe Satriano – Arcivescovo di Bari-Bitonto

Intervista di Cristina Garzone a mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale – Riprese di Giacomo Laschi
Congresso eucaristico nazionale: mons. Caiazzo, “la presenza del Papa a Matera è stato e rimarrà un momento storico”. Di M. Michela Nicolais

“La presenza del Papa a Matera è stato e rimarrà un momento storico”. Così mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irpina, riassume le giornate del Congresso eucaristico nazionale, durante la quale Matera è stata la “capitale” dell’Eucaristia. “Il Congresso eucaristico è stato un grazie corale, perché insieme abbiamo condiviso ogni cosa”, dice il vescovo, che a Matera per tutti è semplicemente “don Pino”. “Dobbiamo diventare lievito che fermenta la pasta”, l’indicazione di rotta per il futuro.

Mons. Caiazzo, da “padrone di casa”, quale bilancio farebbe del Congresso eucaristico nazionale?

Dobbiamo magnificare il Signore, perché sono successe grandi cose non solo per Matera e la Basilicata, ma per tutta la Chiesa italiana. Quando lo Spirito Santo, anche attraverso i suoi pastori, e ci indica la strada da percorrere, tutti siamo più fortificati.

A Matera la Chiesa ha vissuto una tappa importante, inaugurando il secondo anno del Cammino sinodale.

Forse per la prima volta il Congresso eucaristico ha ripreso il suo cammino verso la parte centrale della nostra fede: il pane, che indica l’Eucaristia, fonte e culmine di tutta la vita della Chiesa. Di giorno in giorno, qui a Matera, questa gioia eucaristica è apparsa sempre più vera e più piena. Come ha spiegato Papa Francesco, nella misura in cui contempliamo e adoriamo  Gesù Eucarestia, sapremo andare incontro ai tanti ostensori esposti da quanti vivono in solitudine, chiusi nel loro dolore o nelle loro passioni, da coloro che si sentono emarginati. È nel pane eucaristico che ci accorgiamo che Gesù è vivo e presente. Ma non dobbiamo mai dimenticarci che Gesù è nudo, è spogliato, è abbandonato, è crocifisso: anche nella Cena eucaristica si è lasciato volontariamente crocifiggere. È da lì che nasce la Chiesa.

Uno dei tratti salienti delle giornate materane è stata senz’altro l’adorazione eucaristica, con le chiese piene di giorno e di notte. È una tradizione ormai consolidata in diocesi?

Adorare Gesù è commuoversi servendo la vita, sempre e comunque, dal suo concepimento al suo morire.

Siamo preda di tante schiavitù, vecchie e nuove: non possiamo rischiare di rimanere imprigionati in un passato che non ci rende liberi. Dobbiamo guardare avanti con speranza e fiducia in Gesù, attraverso lo Spirito Santo che parla alla Chiesa. È questo che abbiamo vissuto e sperimentato qui a Matera:

il Congresso eucaristico è stato un grazie corale, perché insieme abbiamo condiviso ogni cosa. Dobbiamo diventare lievito che fermenta la pasta.

Per quanto riguarda la nostra diocesi, prima della pandemia ho voluto elevare una chiesa in pieno centro di Matera a Santuario dell’Eucaristia: chiunque voglia adorare Gesù eucaristia può recarsi lì a qualsiasi ora. Nei giorni del Cen, tutte le chiese del centro storico sono rimaste aperte giorno e notte per permettere l’adorazione eucaristica perpetua e sono state letteralmente prese d’assalto. Venerdì sera, ad esempio, non si riusciva a trovare posto nelle chiese, eppure erano tante quelle aperte. Durante la processione eucaristica, mi ha colpito molto il fatto che la gente, al passaggio di Gesù, si inginocchiasse: era da tanto che non lo vedevo accadere. Senza contare le coperte ai balconi e i tanti petali di rose sparsi anche dai bambini.

Il momento culminante del Cen è stata la presenza del Papa nella città dei Sassi: che ricordo conserva dentro di sé di quei momenti, lei che lo ha seguito e accompagnato da vicino?

La presenza del Papa a Matera è stato e rimarrà un momento storico. 31 anni dopo Giovanni Paolo II, è venuto Papa Francesco per confermarci nella fede e per confermare questi giorni che abbiamo vissuto, dandoci indicazioni ben precise. L’entusiasmo che ha scatenato la sua presenza è stato incredibile: lungo il tragitto, già alle 8.30, quando è arrivato dopo il cambio di programma che lo ha portato ad atterrare a Gioia del Colle a causa del maltempo, la gente ai bordi della strada lo acclamava chiamandolo per nome. Poi il bagno di folla allo stadio e il momento che avevo in serbo nel cuore, ma del quale non ho avuto conferma fino a quando non l’ho visto accadere sotto i miei occhi: la benedizione della Mensa dei poveri, con una folla immensa che aspettava il Santo Padre.

A Matera il Papa ha detto di sognare una Chiesa eucaristica: quale eredità comporta questa consegna per Matera e per la Chiesa italiana?

La Chiesa, se non fosse eucaristica, non sarebbe Chiesa: nel mistero dell’immolazione sulla Croce c’è la vera Eucaristia, è lì che nasce la Chiesa, dal costato di Cristo. Per vivere in maniera eucaristica ti devi spezzare, devi accogliere gli uomini, consumarti nel servizio, ascoltare con attenzione i bisogni di chi è in difficoltà.

La Chiesa non può rimanere chiusa nei propri recenti ma deve dialogare continuamente col mondo.

Perché il Signore ci parla anche attraverso il mondo, ci dice cose importanti, ma lasciandoci la nostra identità. “La Chiesa é giovane quando è sé stessa”, ci dice Papa Francesco, cioè quando è capace di ritornare continuamente alla sua fonte, che è l’Eucaristia. Matera conserva nel cuore questo sogno: insieme alla Chiesa tutta, sa che deve ritornare al gusto del pane.

Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato   Di Franco Maggi (Coordinatore regione Basilicata RnS)

Sul XXVII Congresso Eucaristico Nazionale celebratosi a Matera nei giorni dal 22 al 25 settembre 2022 dal tema “Torniamo al gusto del pane” è stato detto molto, prima, durante e dopo l’evento.

Quindi mi limiterò ad offrire una mia impressione che immagino sarà condivisa dalla maggior parte dei partecipanti al Congresso.

Nel cammino di fede si rischia di incappare in un silenzioso nemico: l’abitudine. Anche il pregare, andare a messa, confessarsi, ricevere la s. comunione possono diventare una routine con il rischio di sminuire l’antico ma sempre nuovo Mistero della fede.

Il Congresso Eucaristico è stata una sosta, un fermarsi per camminare. Sembrerebbe una contraddizione ma quel fermarsi consente di fissare lo sguardo, di rivedere davvero CHI seguiamo lungo il percorso di fede e da Lui e con Lui ripartire.

Gesù il Figlio di Dio è una persona, non un ideale o una filosofia, e come tale lo si può, lo si deve incontrare per amare quel che si fa nel Suo nome, altrimenti il nostro fare sarà buona volontà umana, diligenza, dovere, a volte paura, fino a stancarsi e cedere alla tiepidezza spirituale. Può capitare a ciascuno di noi quel che è capitato ai discepoli di Emmaus, cioè incontrare il Signore ma non accorgersi (più) che gli stiamo camminando accanto. E se viene meno la ragione dell’andare, del rallegrarsi, del saper soffrire, del lottare, se la preghiera, i sacramenti non alimentano il sacro fuoco dello Spirito di Dio per far ardere il cuore, la fede diventa culto esteriore e la Carità non conferisce più la gioia nel praticarla. 

Ecco allora perché condivido il pensiero della Chiesa e che occorra ogni tanto fermarsi e ricentrare la propria fede, la propria vocazione, il proprio ministero su Cristo. Il XXVII Congresso Eucaristico Nazionale credo abbia favorito in ogni sua piega questa sosta fatta di sguardi, di dialoghi interiori ma anche di relazioni fraterne, di confronti, di verifiche. L’Eucarestia, si può affermare, ha ripreso forma e sostanza in noi; lo Spirito Santo si è abbondantemente effuso sul popolo perché il Padre non priva mai i suoi figli del dono che viene dall’alto, perché Egli sa bene di cosa siamo fatti e che con le nostre sole forze nulla potremmo contro il peccato, l’individualismo, l’egoismo, l’odio.  Ecco perché ci ha lasciato il Corpo e Sangue del Suo figlio quale caparra della salvezza eterna.

La celebrazione eucaristica conclusiva del 25 settembre che ha visto la presenza di Papa Francesco in mezzo a questo mare di gente ha suggellato tutto quanto vissuto nei giorni precedenti.

Uscendo dallo stadio ho visto occhi luminosi e non mesti, passi spediti e non trascinati, sorrisi e non musi lunghi, voglia di scambiarsi impressioni, suggestioni, semplice allegrezza dei cuori: è il segno del passaggio dello Spirito Santo da cuore a cuore, da vita a vita, da comunità a comunità. Siamo ritornati tutti e con gioia al “gusto del pane”, al gusto di incontrare Gesù e sperimentare quanto dice la Sacra Scrittura: “gustate e vedete quanto è buono il Signore” (Sal 33, 9)

Siamo ritornati a casa e già ci mancano volti, contesti, liturgie; la gioia non si è spenta perché non  si è trattato di una semplice emozione, le emozioni sfumano, ma della Grazia di Dio che rimane e porta frutti abbondanti di evangelizzazione e di conversione all’Amore di Dio. Possiamo allora certamente affermare ancora con la Sacra Scrittura che “noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4, 20)

Rubrica religiosa condotta da Don Davide Brighi, Presbitero della Diocesi di Forlì-Bertinoro, delegato al Congresso di Matera.

Intervista di Federico Longo a due signore delegate della Diocesi di Montefeltro-Rimini

Il Papa a Matera per “tornare al gusto del pane” Di Angelo D’Onofrio

C’è un sole bellissimo ad accogliere Papa Francesco. E’ lo stesso delle spighe da cui nasce il pane, prodotto tipico della zona. “Tornare al gusto del pane” è il tema, infatti, del XXVII Congresso Eucaristico Nazionale che si è svolto in questi giorni e che si chiude, appunto, con la visita del Pontefice, 31 anni dopo Karol Wojtyla. Tra il tripudio della folla, accorsa numerosa (circa 13.000 persone, secondo i dati diffusi dalla segreteria organizzativa), il Papa arriva allo Stadio XXI Settembre – “Franco Salerno” poco dopo le 8.40, concedendosi, nella papamobile, al popolo dei fedeli, mentre il “coro dei cori” (il coro, appunto, che anima la celebrazione e costituito da circa 600 elementi, tutti appartenenti ai cori parrocchiali della diocesi) anima l’assemblea. La cerimonia eucaristica è guidata dal cardinale Zuppi, presidente della CEI, con il Metropolita di Basilicata, Mons. Ligorio e l’Arcivescovo di Matera – Irsina, Mons. Caiazzo, per tutti, qui, don Pino, mentre il Papa si occupa dei momenti centrali della Messa, guidando la preghiera iniziale e finale. Il servizio liturgico è affidato al Seminario Maggiore di Potenza. C’è il supporto, anche, dell’Orchestra del Conservatorio di Matera.

Nell’omelia il pontefice argentino tocca diversi punti. ” Non sempre sulla tavola del mondo il pane è condiviso; non sempre emana il profumo della comunione; non sempre è spezzato nella giustizia… Com’è triste anche oggi, quando confondiamo quello che siamo con quello che abbiamo, quando giudichiamo le persone dalla ricchezza che hanno, dai titoli che esibiscono, dai ruoli che ricoprono o dalla marca del vestito che indossano… Ecco allora la sfida permanente che l’Eucarestia offre alla nostra vita: adorare Dio e non se stessi. Perché se adoriamo noi stessi, moriamo nell’asfissia del nostro piccolo io; se adoriamo le ricchezze di questo mondo, esse si impossessano di noi e ci rendono schiavi; se adoriamo il dio dell’apparenza e ci inebriamo nello spreco, prima o dopo la vita stessa ci chiederà il conto… Il valore della mia vita non dipende da quanto riesco ad esibire né diminuisce quando vado incontro ai fallimenti ed agli insuccessi… Sogniamo una Chiesa così: eucaristica. Fatta di donne e uomini che si spezzano come pane per tutti coloro che masticano la solitudine e la povertà, per coloro che sono ammalati di tenerezza e di compassione, per coloro la cui vita si sta sbriciolando perché è venuto a mancare il lievito buono della speranza…Torniamo a Gesù, adoriamo Gesù, accogliamo Gesù. Perché Lui vince la morte e sempre rinnova la nostra vita”.

Toccante il momento dell’offertorio con la partecipazione di famiglie che vivono situazioni di lutto e di particolare difficoltà. Francesco, nonostante le fatiche fisiche, anche in questo particolare momento liturgico accoglie tutti, donando un sorriso. E’ una sua caratteristica quella del sorridere e lo sottolinea anche il cardinale Zuppi nel suo intervento conclusivo: “… E’ davvero un esempio per tutti, Santo Padre, anche per tanti musoni…”, mentre presenta il secondo anno del Sinodo della Chiesa Italiana. “Abbiamo messo in questi giorni al centro Gesù, riscoprendo il gusto del pane. Ci siamo sentiti a casa, una casa antichissima che guarda al futuro. Noi perdiamo, a volte, il gusto del pane con l’individualismo. Chi trasforma tutto nel consumo per sé, finisce per non sentire più il gusto della vita. Tornare al gusto del pane ha significato nutrici dell’amore concreto ed infinito di Cristo. Abbiamo capito il gusto dell’Eucarestia. Con questo gusto del pane cercheremo tanti compagni di cammino con cui condividerlo…”

Alla fine della celebrazione, lo scambio consueto dei doni. Poi la recita dell’Angelus, con le congratulazioni alla comunità diocesana per lo sforzo organizzativo e di accoglienza, con riferimenti alla situazione internazionale, nel giorno in cui la Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Il popolo dei fedeli applaude convinto e gioioso il suo Papa, il Papa di tutti. Mentre si alza un coro dalla parte più giovane dello stadio: “Francesco, Francesco, Francesco…”. Il Papa saluta, recandosi alla Mensa per i Poveri “don Giovanni Mele” per l’inaugurazione ufficiale.

Una riflessione di Franco Lisanti sull’arte e l’Eucarestia

Non si sono ancora spente le luci che hanno irradiato quanti hanno partecipato all’evento conclusivo della Santa Messa, presieduta da Papa Francesco.

È ancora viva l’emozione di questa visita che, se pur breve, è stata tanto significativa. Ho fatto mia la particolare emozione dell’Arcivescovo don Pino, quando ha salutato in ginocchio il Papa, che lo ha invitato a rialzarsi, dicendogli: ” Continua così”. Parole che, a mio parere, indicano il compiacimento di Papa Francesco per l’opera apostolica del Pastore della Diocesi di Matera-Irsina. La ricorrenza odierna degli Angeli Custodi richiama l’Eucarestia, essendo tante le testimonianze, anche nel mondo dell’arte, di Angeli adoranti un ostensorio. Per citarne solo qualche esempio, mi riferisco al ciborio architettonico con angeli adoranti, in terracotta invetriato policroma, di Giovanni della Robbia (1525).

La bellissima e suggestiva Celebrazione Eucaristica ha richiamato il ricordo del Congresso Eucaristico Diocesano del 2003. Uno dei temi fu l’Eucaristia nell’arte”, di cui voglio riferire qualche riflessione della mia relazione.

L’ Eucarestia è stata sempre espressa dall’arte in forme varie, talora stupende ed esemplari. Pensiamo all’architettura (le chiese, gli altari), alla pittura, alla scultura, alla musica, alla poesia (testi sacri e di preghiera). C’è una specie di richiamo, che diventa appuntamento, frequente e provvidenziale, tra Eucarestia e arte, per cui l’arte è ornamento, ma anche strada all’Eucarestia, e a sua volta l’Eucarestia aiuta ad incontrare e a gustare anche l’arte.

“L’ Eucarestia – dice Giovanni Paolo ll in una sua enciclica – ha inciso fortemente sulla cultura specialmente in ambito estetico”. Si potrebbero citare tante grandi opere pittoriche che si riferiscono all’Eucarestia, dalla “Disputa sul Sacramento” di Raffaello, un capolavoro d’arte che è pure un’icona del SS. Sacramento, a “L’Ultima Cena” di Leonardo a quella di Veronese, di Tintoretto, di Rubens, di Crespo, di Bassano, di Andrea del Castagno, oltre alla grande produzione di oggettistica sacra imperniata sul tema dell’ Eucarestia.

Anche nel patrimonio artistico del nostro territorio lucano è presente il tema dell’Eucaristia. La prima citazione va subito agli affreschi del Todisco, raffiguranti “L’Ultima Cena” nella sala delle arcate di Palazzo Lanfranchi. Nella canonica della chiesa dell’Annunziata di Brienza c’è un tabernacolo settecentesco di ignoto artigiano napoletano. Sempre a Brienza uno stendardo. Nella cattedrale di Muro Lucano paramenti e arredi sacri. Il tabernacolo e la Portella a Ferrandina. L’auspicio è che si possano cogliere i frutti di un pane da spezzare con convinzione e slancio tra i credenti, e non, della nostra comunità regionale e o

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