Due giorni con gli occhi al cielo

Il mese di novembre, ultimo dell'anno liturgico, ci riporta al destino ultimo dell'uomo: la santità e la vita oltre la vita.

Tra le ferie estive e quelle natalizie due giorni di festa sono particolarmente attesi dagli studenti e dai lavoratori che possono permettersele. Molti lo chiamano il “ponte dei morti”.

Una schiera infinita di santi “della porta accanto”

Eppure, i principali festeggiati sono i santi, non i morti! Infatti è festa civile non il 2 novembre ma il primo. E il fatto che l’1 novembre sia festa civile è segno che ancora cristiana, almeno per forma, la base culturale del nostro Stato “lo è e ci dice quanto i santi siano importanti nella vita di noi cristiani cattolici”.

“Il giorno di festa ci fa meditare su chi sono i santi: uomini e donne che hanno vissuto in misura alta l’esser cristiani”, diceva pressappoco così S. Giovanni Paolo II, stelle nel cielo che orientano il nostro cammino. «Coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello» (Ap 7,4.14), ascoltiamo l’1 novembre nella liturgia. Sì 144mila: dodici per dodici, uniti alla potenza di Dio, simboleggiata dal numero mille. Dodici: come le tribù d’Israele e soprattutto come gli apostoli, scelti da Gesù tra i discepoli per precederlo, vivere più da vicino con Lui, testimoniarlo. Dodici, anche il prodotto di tre (la perfezione) per quattro (come i punti cardinali), cioè coloro che sono stati resi perfetti, provenienti da ognuno degli angoli della terra, che hanno condotto la loro vita beatamente – perché poveri di spirito – e in uno stato di “essere per”.

Ogni battezzato è chiamato alla santità

Un’infinità di uomini e donne che hanno accolto la chiamata alla perfezione spirituale racchiusa nel Battesimo, come la bellissima schiera circolare che campeggia sul Battistero di Padova, un affresco del IV secolo detto “Il Paradiso” che vale la pena contemplare.

Alcuni sono noti (vedi che il nome è indicato in un cartiglio), altri no: sono i “santi della porta accanto”, “quelle persone che percorrono un cammino spirituale semplicemente vivendo con amore gratuito e generoso la loro vita ordinaria: i genitori che si sacrificano per i propri figli, le persone che affrontano con pazienza le prove della vita, coloro che perdonano le ingiustizie subite…” (Gaudete et Exsultate, n. 7). Mai il loro nome probabilmente sarà scritto sul calendario, ma certamente sul libro della vita.

Giusto de’ Menabuoi (XIV sec.), Paradiso, Padova – Battistero di S. Giovanni Battista

L’immagine del popolo in cammino richiama alla santità

Una infinità “di uomini di ogni razza, età, condizione che hanno vissuto vincendo l’egoismo, che hanno perdonato sempre; sembra sia stato Bernanos a scrivere: «Ho perso l’infanzia e non posso riconquistarla se non per mezzo dalla santità»”. Scriveva su Instagram qualche giorno fa Massimiliano Ferragina, artista 45nne calabrese attivo a Roma, nella didascalia al suo studio a biro e acquerello acrilico, “Ognissanti”.

M. Ferragina, “Ognissanti” studio per parete absidale, biro e acquerello acrilico su carta Canson 600g, cm 21×29.

Una rappresentazione efficace quella dei santi come “popolo in cammino” – come noi – verso il Signore; passibile di cadute – i santi sbagliano sette volte al giorno, diceva un vecchio adagio – che però ha fatto della sua vita – continua Ferragina – una “epifania dei valori trascendenti”, che si sono lasciati incontrare dalla misericordia di Dio. Ha peccato Pietro, ha peccato Giuda, ma Pietro si è lasciato re-incontrare dal Signore risorto. “Un monito per noi che oggi siamo in cammino”

Da tempi immemori questi giorni a cavallo tra ottobre e novembre sono caratterizzati dal sentire vicini terra e cielo, vivi e defunti. E fissando il cielo, il nostro sguardo, assieme ai santi, va a coloro che ci hanno lasciato. Molti li immaginiamo in Purgatorio e per loro è possibile pregare perché la pena temporale che non hanno scontato in vita, con la pratica della confessione, le sofferenze e le opere di misericordia si abbrevi grazie alla nostra preghiera.

Andare al cimitero è opera di misericordia: le indulgenze per il mese di novembre

Campo santo di Sesto di Pusteria (Alto Adige)

Tra le sette opere di misericordia spirituale, la Chiesa ci insegna a pregare per i defunti. Sì, perché, diceva S. Agostino:

Una lacrima per i defunti evapora, 

un fiore sulla tomba appassisce, 

una preghiera, invece, arriva fino al cuore dell’Altissimo.

Ecco perché coloro che in questi giorni visitano un cimitero, si confessano, si comunicano, pregano per le intenzioni del papa e rinnovano con il “Credo” la propria professione di fede possono ottenere per un defunto, o per sé, l’indulgenza plenaria.

E accanto a questa c’è l’opera di misericordia corporale di seppellire i morti. È vero, tranne i naufraghi in mare e le vittime di particolari incidenti, oggi tutti i morti trovano dignitosa sepoltura, ma tutte le opere di decoro che compiamo presso le tombe dei nostri cari defunti altro non sono che una forma equivalente di misericordia che può giovare alla salvezza della nostra anima.

Allora, che il mese di novembre sia per tutti ricco di opere di misericordia per i nostri defunti che vanno anche a nostro giovamento.

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Giuseppe Longo

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