Due novembre: il tempo di vivere e di morire

La vita e la morte non ci appartengono, viviamo, invece, come se non dovessimo  mai morire. Il presente per noi è l’assoluto, eppure incerta e breve è l’ esistenza umana  e,  prima o poi,  giungerà anche per noi  il tempo di “sciogliere le vele”.

Ognuno dispone di un tempo finito che non è in vendita, si può solo utilizzare nel migliore dei modi,  non è denaro come pensano i più, ma spazio per fare del bene agli altri e fra queste due coordinate – tempo e spazio – va misurata  la nostra esistenza.  Da  secoli la domanda fondamentale è stata: cosa ci attende dopo la morte?  Perché in vita ci affanniamo per mille cose inutili?  Qual è il senso delle violenze, guerre e distruzioni fra gli  uomini: solo un inutile inseguire il vento o come dice Qoelet “tutto è vanità”?

Per dare valore al vivere quotidiano abbiamo bisogno di capire la realtà che ci circonda e che apprezziamo solo per la teoria dei contrari: per godere del giorno ci serve la notte, per gustare il silenzio è necessario il rumore, per amare la vita ricordarsi della morte.

Di fronte alla morte l’uomo è costretto  a fermarsi e riflettere perché nessuno vive da solo, siamo legati gli uni agli altri, i vivi con i morti e il loro ricordo ci aiuta a comprendere meglio il fine ultimo della nostra esistenza. Lo scambio di amorevoli sguardi fra noi e loro ci induce a momenti di umanizzazione, ci convince che il destino finale dell’uomo non è la dissoluzione nella polvere: per i credenti la visione di Dio, il passaggio ad altro stato di coscienza per gli altri. In ogni caso, abbiamo il dovere della memoria e della riconoscenza.

Il filosofo Sartre affermava che la vita degli uomini altro non è che una parentesi fra due nulla, se ciò fosse vero non sentiremmo il bisogno di far visita ai nostri defunti.  Il  cimitero, in fondo, altro non è che il luogo d’incontro fra noi e loro, lo spazio dove scambiarsi ancora una volta pensieri e parole, un modo di riempire il vuoto e la desolazione che sono in noi per la loro perdita. Loro ci sono vicini, ci sostengono  nelle difficoltà, non ci abbandonano mai. Ci attendono come le stelle attendono il buio per essere viste, non ci rendiamo conto che i nostri morti sono più “forti” di noi!

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Mario Di Biase

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