Il nuovo governo

Ieri ha giurato il nuovo governo guidato per la prima volta da un presidente donna, Giorgia Meloni. Quali prospettive?

Nuovo Governo. Fonte: governo.it

E’ nato il nuovo governo italiano con una bella novità perché la conduzione è stata affidata ad un primo ministro donna, Giorgia Meloni. Questo epilogo è scaturito dal risultato delle recenti elezioni politiche che hanno visto trionfare la coalizione di centro destra con una maggioranza netta di seggi in Parlamento e ciò grazie anche al sistema elettorale misto oggi vigente. Inoltre, questo successo elettorale del centrodestra è stato anche propiziato da avversari che si sono presentati disuniti e confliggenti tra loro.

La cronaca ha fatto registrare qualche mal di pancia iniziale all’indomani dell’elezione dei presidenti di Camera e Senato, ma queste situazioni fanno parte del gioco politico per cui chi vince “dà le carte”.

La composizione del nuovo governo è esplicitamente “politica” nel senso che mancano i cosiddetti tecnici che tanto sono stati presenti negli ultimi governi, compreso l’ultimo presidente del Consiglio Mario Draghi. L’assenza di ministri tecnici, negli ambienti politico-finanziario, crea qualche preoccupazioni per la tenuta dei conti e soprattutto per la capacità di mantenere gli impegni con l’Europa. Ci si riferisce in particolare all’obbligo di portare a compimento i progetti PNRR dei quali 8 scadono a ottobre e 26 a dicembre, ben avviati dal governo uscente. E’ notevole il fatto che tra questi progetti ci sono obiettivi come il rafforzamento dei centri per l’impiego, la riforma dei servizi idrici, la legge annuale sulla concorrenza, i decreti di attuazione della riforma del processo civile e del processo penale, temi non certamente facili a cui il nuovo governo dovrà dedicare tutto il suo impegno ed anche la sua coerenza.  

Negli ultimi 30 anni (dall’epoca di tangentopoli che ha spazzato via i partiti della prima Repubblica) si sono alternati governi di destra e di sinistra o di centrodestra e di centrosinistra ed anche governi a maggioranza variabile che a fasi alterne hanno contribuito ad aggravare le condizioni strutturali del Paese. Infatti, non si sono colte le opportunità offerte (soprattutto qualche decennio fa) dalla globalizzazione e dalla Comunità Europea con la quale solo dall’inizio della pandemia si è riusciti a valorizzarne l’efficacia della sua azione, anche grazie a Draghi. Azione dei governi degli ultimi 30 anni che hanno realizzato una politica essenzialmente di parte, alternativamente, che non ha fatto crescere il Paese, che non ha pensato ai giovani, dimenticandosi delle prospettive future e che solo negli ultimi due anni, col PNRR gestito da Mario Draghi, ha fatto recuperare terreno sul piano economico ma soprattutto ha recuperato credibilità per l’Italia in Europa e nel mondo.   

A questo punto ci si chiede, quali prospettive possono arrivare dal nuovo governo? Che tipo di cultura esprimerà questa maggioranza, e in conseguenza vien da chiedersi che ruolo giocheranno le opposizioni? Manterrà fede la premier alle lodevoli intenzioni espresse già in precedenza di continuare a schierarsi per gli aiuti all’Ucraina? Anche se tutto lascia prevedere che la presidente Meloni continuerà coerentemente a mantenere la sua linea, non ci auguriamo di converso che possano esserci dei ripensamenti.

Per finire, vista la grande cordialità che si è stabilita tra il presidente Draghi e la nuova premier Meloni alla cerimonia della campanella, tutto lascerebbe sperare per un favorevole avvio del governo ma c’è un dato che offusca questa prospettiva. La provenienza territoriale dei nuovi ministri è prevalentemente settentrionale. Infatti,  su 25 ministri (compreso la premier) ben 15 (il 60%) sono settentrionali, 5 dell’Italia centrale e solo 5 meridionali e insulari. Non è il dato in sé preoccupante (anche in passato ci sono stati governi sbilanciati territorialmente) ma preoccupa il fatto che uno dei partiti della maggioranza, e nella fattispecie in maniera smaccata qualche suo parlamentare, ha annunciato che il primo provvedimento da mettere ai voti in Parlamento (ma sicuramente sarà almeno il secondo dato che la questione bollette avrà la precedenza assoluta) sarà l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui abbiamo parlato in altra parte di questo giornale.    

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Domenico Infante

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