LA FAMIGLIA, PRIMA E VITALE CELLULA DELLA SOCIETA’

La storia dell’uomo è essenzialmente storia d’amore. Il destino dell’uomo è segnato non dalla sua capacità di progettare, costruire, predisporre ma dalla sua capacità di donare amore e, inevitabilmente, di ricevere amore in dono. Occasioni come questa servono a farci ricordare che l’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo esperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente.

Per questa ragione, al contempo semplice e profonda, la famiglia è al principio della storia della salvezza, ma è anche al principio della storia dell’umanità; anzi potremmo dire che è l’essenza stessa della storia dell’umanità.

Dalla famiglia dipende il destino dell’uomo, la sua felicità, la sua realizzazione, la capacità di dare senso e significato alla sua esistenza. San Giovanni Paolo II inaugurando i lavori del Sinodo della Famiglia nel 1980 definì la famiglia un soggetto creativo (non è un caso che oggi sia stata rappresentata la famiglia “creativamente”) che in ragione della sua forza creativa dà vita all’intera società. È bello pensare che la forza creativa della famiglia abbia a che fare con il Creatore come d’altro canto il “dare la vita” della famiglia abbia a che fare con lo Spirito di Dio…che è Signore e dà la vita! È del tutto evidente come nel cuore della famiglia, ci sia proprio il “cuore di Dio”! Quello stesso cuore che ha tanto dato vita all’universo intero quanto alla nostra specifica esistenza. 

Noi siamo la Chiesa, famiglia di famiglie, talvolta così diverse ma ognuna con un suo posto, ognuna con un suo carisma, ognuna con un suo spazio: uno spazio riservato anche per quelle famiglie che “non hanno”, che “hanno perduto” o che “stanno perdendo” qualcosa. 

È fondamentale che, come famiglie, ci impegniamo a riscoprire il nostro carisma vocazionale che manifesta nel mondo il mistero della Chiesa, sposa di Cristo, nella testimonianza della carità, nell’esercizio della misericordia, nella costruzione del bene comune.

Sono tante le famiglie che oggi tengono in piedi la storia, regalando alla società un avvenire di pace, di gratuità, di condivisione perché la soggettività della famiglia (quella soggettività creativa di cui parlava GPII) è determinante in ogni ambito della vita sociale in quanto è capace di creare, appunto, legami autentici; di creare/promuovere (poiché vissuti innanzitutto al suo interno) criteri validi di giustizia, socialità, inclusione, solidarietà, integrazione, collaborazione, servizio; di creare/favorire un dialogo fecondo tra le generazioni, l’unità pur nelle differenze, il rispetto per l’ ambiente circostante.

È all’interno delle nostre case, delle nostre chiese domestiche, che sono vere e proprie scuole di generosità e di umiltà, che possiamo “imparare” a con/dividere il pane con i più poveri, a con/dividere le forze con i più deboli e finanche a con/dividere (se si potesse dire così) la nostra salute con gli ammalati. 

In quest’ottica come famiglie, e quindi come Chiesa, del terzo millennio vogliamo maturare la consapevolezza che si è aperta una nuova stagione missionaria (quella della Chiesa in uscita per dirla con Papa Francesco), una stagione missionaria in cui la famiglia non è solo destinataria di una azione pastorale ma è protagonista di una azione pastorale: una stagione missionaria non solo a favore della famiglia ma a partire dalla famiglia.

Non è un caso che al n. 184 dell’ Amoris Letitia Papa Francesco ci ricordi che con la testimonianza ed anche con la parola, le famiglie parlano di Gesù agli altri, trasmettono la fede, risvegliano il desiderio di Dio e mostrano la bellezza del Vangelo e dello stile di vita che ci propone. Così i coniugi cristiani dipingono il grigio dello spazio pubblico riempiendolo con i colori della fraternità, della sensibilità sociale, della difesa delle persone fragili, della fede luminosa, della speranza attiva. La loro fecondità si allarga e si traduce in mille modi di rendere presente l’amore di Dio nella società.

Quanto bene ha fatto la famiglia al mondo, basti pensare al benessere quelle società costruito sul sudore di tante famiglie che hanno saputo dedicarsi al lavoro senza trascurare la vita domestica; quanto bene fa la famiglia al mondo, basti pensare ai tanti giovani che, orientati nella costruzione della propria personalità e sapientemente guidati nello scoprire le proprie attitudini, si sono inseriti nel mondo del lavoro divenendo segno esemplare di una “buona e onesta” classe sociale; quanto bene ancora farà la famiglia al mondo, basti pensare alla prospettiva missionaria offertaci da Francesco secondo cui siamo chiamati a dipingere anche i più grigi spazi pubblici con i colori della fraternità, della sensibilità, della speranza !

È evidente che la famiglia, come spesso vorrebbero farci credere, non è il frutto di un accordo contrattuale, volto alla ricerca di un interesse individuale o di interessi che sono la somma di due interessi individuali. (anche per la famiglia come per il bene comune vale la regola secondo cui l’unica operazione matematica ammessa è la moltiplicazione, non l’addizione e tanto meno la sottrazione o la divisione). La famiglia è fondamento indispensabile per la società e per i popoli, è il bene primario per i figli; è una vera scuola di umanità e di valori perenni.

Seppur martoriata da egoismi privati e talvolta sminuita da legislazioni che la avversano in nome di una falsa modernità e di una non meglio precisata nozione di laicità, la famiglia rappresenta ancor oggi il presidio migliore per la custodia e la promozione di valori, ideali, prassi educative e rieducative senza le quali le nostre città sarebbero anonime e infeconde e le nostre case agglomerati di individui ammalati di paure e di atroci solitudini.

Anonimato, sterilità, paura, solitudine sono l’effetto di quella crisi dell’umano, figlia di quella “crisi spirituale”, che riduttivamente chiamiamo: crisi economica, politica, antropologica, sociale e finanche familiare. Il vero soggetto in crisi non è la politica, la società, l’economia o la famiglia ma il vero soggetto in crisi è l’uomo e di fronte a questa crisi della persona umana, il nostro compito – il compito della Chiesa- non è quello di ritirarsi nelle catacombe, ma di coinvolgere il mondo moderno in un umanesimo vero: l’umanesimo cristiano.

Del resto, lo sappiamo bene, – anche se talvolta resistiamo con la mente o con il cuore – il tempo della crisi è un tempo che può essere benefico, è uno spazio che può favorire un cambiamento, una conversione. Come famiglie e come famiglia di famiglie, è necessario sentire l’urgenza della diffusione della cultura spirituale, la cultura dello Spirito che donando vita incessantemente, offre una direzione ed una definizione alla nostra storia: incontrando Gesù Cristo gli uomini e le donne scoprono sia il volto del Padre che il vero significato della nostra umanità.

Ecco il senso di quel rendere presente l’amore di Dio nella società con cui si portava a conclusione il n. 184 dell’esortazione che il Santo Padre Francesco ci ha offerto con L’ Amoris Letitia, una esortazione che dopo due esperienze sinodali può orientare il nostro cammino poiché offre uno sguardo profondo, veritiero, giusto e misericordioso sulla vocazione della famiglia nel mondo contemporaneo. Una famiglia che può e deve adoperarsi affinché la verità di Cristo e il pensiero umano ancora si incontrino; una famiglia che nella feriale esperienza dell’esistenza umana sappia testimoniare il dinamismo esperienziale della vita cristiana; una famiglia intimamente toccata e profondamente coinvolta dai prodigi meravigliosi che solo l’amore di Dio può realizzare. 

Joseph Ratzinger, scrisse un giorno prima di entrare nel conclave che poi lo avrebbe eletto Pontefice a Subiaco, soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può fare ritorno presso gli uomini. Noi oggi potremmo mutuare questa meravigliosa espressione dicendo: soltanto attraverso famiglie toccate da Dio, Dio può fare ritorno presso la famiglia umana !

La famiglia è la prima e vitale cellula della società non solo per il bene che offre alla società ma perché evangelizza la società ed evangelizzare oggi è: comunicare agli uomini l’arte di vivere, di vivere bene e vivere il bene. 

Tutto ciò richiede impegno, forse fatica, certamente lavoro. Perché se è vero che la gioia dell’amore è una cosa bella (Amoris Letitia) è evidentemente vero che questa gioia non va da sé, non viene da sé, non vive da sé o per sé. Quando siamo portati a pensare che la gioia dell’amore possa alimentarsi da sola, come nella migliore letteratura delle fiction tv, siamo sotti colpi dello spirito del mondo. Questa gioia, di questa gioia dell’amore che ci è donata, dobbiamo averne cura, dobbiamo prendercene cura. Nel nostro mondo l’idea dell’amore e l’idea di lavoro si sono separate troppo, sono idee lontane, che quasi non si conoscono più; e così vengono al mondo amori per cui non si fa niente e lavori che non si amano per niente. 

Dio stesso creò per amore l’umanità e da quel cuore innamorato venne fuori un gran lavoro; per quest’umanità ci vuole la luce (pensò), le piante, il verde, gli animali etc. ed ognuna di queste creazioni furono da Dio toccate, soppesate, valutate…lavorate!

Ed anche dopo che ci aprimmo al peccato e fummo – per cosi dire – “inviati nel mondo”, Dio prima che uscissimo si chinò prese delle pelli, ago, filo e ci cucì dei vestiti; ancora una volta Dio si prese cura del suo amore, anche dopo un tradimento, anche dopo che testardamente noi uomini avevamo fatto di “testa nostra”, Dio ci amò e lavorò per noi e per questo suo amore: Dio ci cucì addosso dei vestiti, Genesi 3,24 (Dio cucì loro dei vestiti).

Mons. Sequeri, preside del Pontificio Istituto di studi su matrimonio e famiglia, richiamando proprio questo passo della genesi durante un incontro svoltosi a Roma la settimana scorsa in occasione del 50esimo del RnS, rivolgendosi a mogli e mariti, ha detto: anche quando tutto sembra perduto, anche quando tutto sembra essersi inesorabilmente strappato, tu fermati…siediti…e cucile un vestito ! 

Amore e lavoro, dunque, stavano insieme! Noi uomini li abbiamo allontanati cercando gioia senza impegno e fatiche senza cuore, e così troppo spesso il lavoro diventa troppo duro (e stanca sul serio) e l’amore troppo molle e si svuota (e stanca anch’esso).

Amore e lavoro stanno insieme ed insieme generano vita. Quando dico che amore e lavoro generano vita non mi riferisco solo al preziosissimo dono dei figli (che sono sempre e comunque un dono di Dio), ma mi riferisco alla Vita delle vite. Quella vita che ha un nome preciso. Gesù stesso ce lo ha insegnato: Io sono la vita. 

Da Dio (il cui primo pensiero è generazione prima del suo dilettissimo figlio Gesù poi dell’umanità intera) impariamo che l’amore (quello vero) sempre genera vita da qualche parte (fosse anche con una canzone o una poesia come abbiamo avuto modo di vivere questa mattina). Quando genera l’amore diventa vero, in qualunque modo generi, e se non genera vuol dire che a quell’amore manca qualcosa di essenziale, non si appoggia a qualcosa di essenziale: lo Spirito, lo Spirito che da la vita!

E se l’amore non genera torna su di sé e non va avanti, se invece (appoggiandosi allo Spirito) l’amore genera riesce ad andare avanti ed a trovare luoghi (anche i più grigi di cui ci parlava Papa Francesco) in cui mettere vita; quando l’amore genera va avanti (perché mosso dallo Spirito) e riesce ad incontrare ciò che è ferito, ciò che è rotto, ciò che è inaridito, ciò che è spento, ciò che è malato e riesce a donare (generare…cfr. soggetto creativo) luce nelle tenebre, speranza nella disperazione, vita (appunto) dove c’è morte.

La famiglia, la famiglia cristiana, allora è davvero non una cellula…ma la cellula fondamentale di questa società. Perché quando maturiamo questa visione missionaria, per quanto piccolo possa sembrarci il nostro intervento, siamo nei dintorni dell’amore di Dio.

L’amore di Dio è questo, da sempre e per sempre, non un amore solitario che ritorna su di se, ma un amore che generando vita incontra gli altri!

Ecco perché a le famiglie, per la grazia del sacramento nuziale, sono i principali soggetti della pastorale.

Cioè le famiglie, non sono semplicemente le persone di cui la chiesa si occupa ma le famiglie sono parte integrante e profetica della missione della Chiesa nel mondo!

I legami familiari nel mondo devono essere, oggi più che mai, in uscita; i legami familiari, vivificati dalla forza dello Spirito, (di quello Spirito che non torna indietro), riconoscendo ciò che manca al legame sociale dei popoli nelle nostre odierne società burocratiche, economiche, tecnologiche che hanno tante risorse ma scarsi legami di amore per vivere, debbono potersi distribuire ovunque nel corpo sociale.

Forse in questo momento ai nostri popoli stremati resta solo questo: la speranza che lo Spirito di Dio sostenga i buoni legami che formano la famiglia per farli diventare (visto che non tornano indietro) buoni legami tra i popoli! 

Per questa ragione la famiglia cristiana è e rimarrà un laboratorio (lavoro – lab/ora) di speranza, un laboratorio di vita, un laboratorio di amore; di quell’ amore puro, autentico, che sa farsi ogni giorno risposta al dono di un Dio (che amandoci sempre per primo) ogni giorno ci viene incontro.

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Lindo Monaco

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