Omelia della Notte di Natale 2022

L'Omelia della notte del Santo Natale dell'arcivescovo di Matera-Irsina mons. Antonio Giuseppe Caiazzo.

Carissimi,

ancora una volta questa notte viene illuminata dalla luce che viene nel mondo: Gesù, il Verbo di Dio. Una luce particolare che brilla più del sole e di tutti gli astri del cielo.

E’ la luce di una tenerezza che solo un bambino appena nato può generare nel cuore di ogni uomo, anche in quello del più crudele o tiranno di questo mondo. Non a caso quando nasce una nuova creatura comunemente si dice: “è venuto alla luce”. Ma è pur sempre un bambino. Per noi cristiani il bambino nato a Betlemme è Gesù, Dio che si è fatto bambino secondo il ciclo naturale e soprannaturale del concepimento nel grembo di Maria, la gestazione, il parto, i vagiti e l’amore di un padre e di una madre che l’hanno accolto ed amato.

E’ la notte durante la quale contempliamo come non mai che Dio è bisognoso dell’amore umano. Sembra strano che Lui che è l’Amore, la fonte dell’Amore, chieda il nostro amore. Eppure questo è il Dio nel quale noi crediamo: non un uomo che si fa dio, ma esattamente il contrario, Dio che si fa bambino, fragilità e tenerezza affinché la sua potenza non ci spaventi: cosa c’è di più disarmato e disarmante di un bambino?

Una storia unica che ha il sapore dell’incredibile, del mistero che si svela, si mostra, si fa toccare e accarezzare, che chiede di essere preso tra le braccia e cullato. Esattamente come ogni bambino che viene al mondo.

Nel frattempo a noi, che elemosiniamo ogni giorno amore, viene chiesto dal Dio Bambino il nostro amore. Se vogliamo capire l’incarnazione del Verbo di Dio, quindi il Natale, dobbiamo imparare ad entrare nei sentimenti dell’uomo, nei suoi pensieri. Solo così saremo capaci di capire i sentimenti del Dio Bambino, i suoi pensieri e la sua volontà.

A Natale tocchiamo con mano la solidarietà di Dio con gli uomini, proprio attraverso l’agire di uomini illuminati da Lui. Solidarietà che, in questi tempi magri, diventa un bisogno primario da parte di tanta l’umanità che sa dilatare il cuore verso i meno fortunati della nostra città e dei nostri paesi. Soprattutto i giovani che animano le loro scuole e, accompagnati e sostenuti dai loro insegnanti, sono capaci di gesti di straordinaria solidarietà senza pubblicizzare quanto concretamente fanno.

L’Angelo ai pastori spaventati dice: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». La solidarietà di Dio verso gli uomini è contemplata proprio da quei pastori che, recatisi presso la grotta di Betlemme,  possono bearsi di quella luce che traspare dal Bambino, Parola che si è fatta carne. E’ luce divina che avvolge la vita umana, divenendo compagna di viaggio per le strade che quotidianamente siamo chiamati a percorrere, nei luoghi che frequentiamo e nei quali dimoriamo.

E che il Cristo venga per gli ultimi lo testimonia il fatto che la sua nascita è comunicata alla classe più negletta di quei tempi, tanto che i pastori non erano ammessi nemmeno nei templi. Quanti pastori come quelli di Betlemme ci sono oggi! I pastori vivono la loro esistenza ai margini della società; vengono sfruttati e malpagati; vivono in luoghi malsani e non degni di una società civile; non possono avere affetti che condividano la quotidianità, lontani dalle loro famiglie; dimenticati da tutti. Eppure Dio si manifesta innanzitutto a loro perché li fa capaci di portare luce a chi, pur avendo tutto, è senza la luce di Dio; li fa capaci di seminare pace lungo i deserti assolati della storia e le gelide vie percorse da chi nel cuore porta odio e vendetta.

Dalla solidarietà di Dio siamo invitati ad imparare che lui è l’Emmanuele, cioè il Dio con noi, per sempre, ogni giorno. Con S. Paolo e i pastori anche noi, questa notte, possiamo dire che «è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo».

Le parole di S. Paolo diventano crocevia tra un’umanità che sceglie e insegna l’empietà, la guerra e tutto ciò che è contro la dignità dell’uomo, a partire da ogni forma di ingiustizia fino alla repressione dei diritti umani più elementari, e un’umanità che sceglie la prossimità di Dio che sta in mezzo agli uomini, dietro gli uomini, davanti agli uomini: compagno di viaggio, principe della pace.

Nella notte di Natale scegliamo esattamente “la grazia di Dio apparsa in mezzo a noi”. Scegliamo di aprire cantieri di giustizia e di pace coscienti che «…ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio». Queste parole che abbiamo ascoltato nella prima lettura, tratte dal Profeta Isaia, danno anche a noi una risposta a quanto sta succedendo in tante parti del mondo e in particolare in Ucraina. Nel cuore dell’uomo c’è il desiderio di pace, soprattutto in chi ha perso ogni sicurezza: affetti rubati, abusati e uccisi, case sventrate, senza acqua, senza luce e riscaldamenti.

L’egoismo dei potenti, i loro interessi nell’adorare il dio denaro, il potere politico da allargare, minano fortemente l’equità e la fraternità, calpestando la dignità di intere nazioni. E noi, come i pastori, questa notte siamo invitati a riaccendere la speranza dalla luce del Dio Bambino. «Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti».

In questa notte di luce nel Bambino di Betlemme la natura umana incontra quella divina. L’uomo nelle sue miserie e fragilità viene rivestito da Dio ricevendo ricchezza che viene dall’alto. E’ la notte durante la quale siamo assorbiti nella relazione d’amore di Dio che è Padre, Figlio e Spirito. E in questa relazione parliamo, ci muoviamo, agiamo esattamente come Dio: siamo divinizzati.

Il Natale è esattamente questo: partecipare alla vita divina

In questa notte risentiamo il canto degli Angeli. Canto che annuncia la pace: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2,14). «Gesù Cristo è la nostra pace!» (Ef 2,14). Mai come in questo momento stiamo sentendo forte il desiderio della pace. Troppo sangue versato da bambini, giovani, adulti e anziani! Ogni guerra è da rinnegare. Tutto è così assurdo e inumano. Chi dichiara e persegue la guerra si è svuotato di umanità, non conosce cosa sia l’amore.

In questa notte l’Angelo porta un annuncio di gioia: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore». Di certo lo scenario che ci circonda, per quanto accorato il desiderio di normalità, non ci aiuta ad essere gioiosi. Sono troppe le persone che non sono nella gioia; che pur avendo tutto, hanno la morte nel cuore: Si ostenta da più parti e a diversi livelli una felicità che nasconde vuoti, insoddisfazioni e paura del futuro.

Solo chi ha il coraggio di adorare quel Bambino Gesù troverà pace e sperimenterà il gusto vero della gioia.

In questa notte siamo invitati ad aprirci alla speranza. Se a Betlemme, città del pane, Dio si è fatto cibo di vita eterna, a Matera, nuova città del pane ed eucaristica, siamo invitati a “tornare al gusto del pane”. Siamo invitati a spezzare e condividere il pane eucaristico per condividere il cibo quotidiano nelle relazioni umane sanate, nel ricostruire ponti di fraternità, nell’aprire nuovi cantieri di prossimità attraverso una progettualità seria e lungimirante.

Se continua a nascere per l’umanità l’Emmanuele, si potrà – si dovrà- ipotizzare che in questa locuzione “Dio con noi” le parole importanti non sono né Dio né noi, ma tutta la grandezza a cui siamo chiamati sta nella piccola particella “con”: e infatti, ancora oggi ci viene chiesto di scardinare da un io dirompente la nostra attenzione e rivolgerla all’altro in virtù di un miracolo dai contorni di una favola. E solo per ricordarci che il vero fortunato non è chi è amato ma chi, cogliendo amore, riesce a farsi dono di quello che è, di ciò che ha, con le mani cariche delle proprie nudità e della sua grazia.

S. Natale a tutti. Gesù viene oggi come ieri. Accogliamolo, adoriamolo, gustiamo la sua presenza, rivestiamo della sua luce, portiamo pace e gioia dovunque saremo e andremo.

Così sia.

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