Antonio Lauro: La chitarra del Venezuela

Tomas Antonio Lauro nacque il 3 agosto 1917 a Ciudad Bolivar da Armida Cuttroneo (probabilmente di origine guayanesa) e da Antonio Lauro, barbiere originario di Pizzo Calabro, da dove partì col suo fagotto di esperto artigiano e musicista dilettante. Ciò che è certo e che intorno al 1924 i Lauro abbandonavano Ciudad Bolivar e si portavano a Caracas. Gli anni della giovinezza furono un periodo di duri stenti per la famiglia di origine italiana; per guadagnarsi da vivere e per continuare gli studi, Antonio lavorava alla “Broadcasting Caracas” (oggi la radio ufficiale di Caracas) come chitarrista, con la mansione di accompagnatore di piccoli gruppi strumentali e di cantanti professionisti o dilettanti, occupazione che contribuì ad arricchire la sua sensibilità visto anche il contatto quotidiano, umano ed artistico, con i gruppi musicali che si producevano alla radio.

Nel 1933, iniziati gli studi presso la Academia de Mùsica y Declamaciòn, Lauro principiò la conoscenza della musica con il pianoforte, disponendo di uno dei migliori insegnanti del Venezuela – nonché uno dei più apprezzati valsisti – il maestro Llamosas. Soffriva l’assenza di un pianoforte in casa, ma questo non gli impedì di seguire contemporaneamente più corsi accademici: violoncello con il maestro Andrés Anez, corno con Federico Williams, canto con Primo Moschini e Alfredo Hollander, pianoforte con Evencio Castellanos – si dice che fu proprio un concerto di Castellanos, il cui programma era costituito da soli valse, a convincere Lauro che anche la chitarra, avrebbe dovuto avere un così ricco repertorio – , storia della musica con Juan Bautista Plaza, chitarra con Raùl Borges, composizione con Vicente Emilio Sojo – musicista che è all’origine del movimento chitarristico venezuelano e che aveva impartito a Lauro i primi insegnamenti sullo strumento a sei corde. L’esperienza che però avrebbe segnato la sua vita artistica e che si sarebbe rivelata decisiva per il suo futuro di chitarrista-compositore fu tanto casuale quanto folgorante. Augustin Barrios Mangoré, il grande virtuoso paraguayano della chitarra, era stato invitato dalla radio nazionale venezuelana per esibirsi in alcune interpretazioni con il suo strumento. A quel tempo i suoi concerti erano eventi unici quanto rari, il recital chitarristico in sud-America era,infatti, ancora a livelli iniziali. Lauro, ascoltando quel “Paganini della chitarra venuto dalle giungle del Paraguay” scopriva le possibilità di armonizzazione della chitarra, la bellezza potenziale del suo suono, le infinite possibilità timbriche. La conoscenza diretta di Barrios a casa di Raùl Borges, successivamente, non fece altro che rafforzare la sua incondizionata ammirazione per il musicista. Mangoré suonava, per detta dello stesso Lauro «con una maestria senza eguali e spiegava i segreti della sua tecnica pazientemente e in forma totalmente disinteressata. Componeva con gran facilità e lamentava sempre di non poter dedicare molto tempo alla composizione».  Lauro scopriva nel magico e mistico pianeta delle sei corde, l’opportunità di comporre per questo strumento in una prospettiva tale da non vederlo più relegato al ruolo di strumento accompagnatore o comunque comprimario. La chitarra diveniva da quel momento uno stimolo vitale per la sua arte compositiva. «La guitarra para me es la vida» egli dichiarerà in un intervista; ed in altra occasione affermerà «Donde haya una guitarra hay un vals venezolano».

In effetti, come abbiamo già detto, buona parte della sua produzione musicale per chitarra è su questo ritmo;  lo stesso Barrios è a sua volta autore di valzer. Ma il valzer venezuelano modellato da Lauro è, per raffinatezza e per ispirazione, un’espressione accademica della cultura musicale venezuelana ben identificabile ed a sé stante. Lauro tentò di affiancare al repertorio pianistico dei valsisti venezuelani, Palacios, Llamozas o Castellanos,   quello  chitarristico, nella convinzione che il vals fosse, per combinazioni ritmiche e per congenita eleganza, una forma musicale degna di essere inserita nella schiera dell’espressione musicale accademizzata del Venezuela e quindi  degna di divulgazione nel mondo intero.

La chitarra, in tale operazione era “strumento” ideale (il cuatro venezuelano avrebbe creato, ai musicisti europei, problemi per l’accordatura e comunque la tipicità folklorica dello strumento a quattro corde certamente non poteva essere esportata e d’altro canto non sarebbe mai stata accolta adeguatamente in un diverso contesto culturale). E’ chiaro, dunque, l’intento compositoio ed artistico di Lauro “accademizzare” una composizione di chiara matrice popolare nel tentativo di poterla comunicare in ambito internazionale. La nostra pratica strumentale non può non tener conto di questo passaggio fondamentale, alla luce delle magistrali interpretazioni della musica di Lauro eseguiti da musicisti come Diaz, Hozmann, Williams, Segovia.

Indagare, dunque, sul repertorio e sulla prassi esecutiva dei componimenti per chitarra di Lauro, significa mettere evidenziare accuratamente questa chiara matrice popolare con la consapevolezza che la stessa era pensata per essere accademizzata e quindi messa in parallelo col repertorio colto della letteratura chitarristica. Si tratta, pertanto, di realizzare un approccio al repertorio che sappia essere tanto etnico quanto colto.   La letteratura chitarristica, ma anche quella musicale in genere (basti pensare ad Autori del Calibro di Smetana, Granados, Bartok…) non è nuova a questo tipo di esperienze, molteplici sono stati i casi in cui il compositore eleva la propria peculiarità locale al rango della più alta cultura musicale.    

Ma torniamo alla vita di Lauro. Come detto, Raùl Borges fu il suo insegnante di strumento, egli svolse un ruolo assai importante nella formazione chitarristica del compositore venezuelano, Borges oltretutto è stato il primo titolare della cattedra di chitarra all’Accademia di Caracas istituita su iniziativa di Sojo, superando la tenace resistenza frapposta dai docenti di formazione europea che ritenevano la chitarra uno strumento di estrazione troppo popolare. A Borgés il Venezuela deve l’avvio di una scuola chitarristica classica in grado di formare gli studenti mediante la conoscenza della letteratura colta dello strumento, dagli ispano-americani e non (Mangoré, Regino Sàinz de la Nana Luisa Anido, Martinez Oyanguren) alla tradizione classica di Bach, Paganini, Albéniz. Lauro, dunque, aveva ricevuto una formazione classica ed è per questo che è necessario sottolineare la sua capacità di accostare a tale formazione il peculiare accento tradizionale e folklorico, tipico della prassi musicale venezuelana, una direttrice ispirativa che permarrà anche dopo le prime composizioni e che si ritiene preminente nella prima fase della sua attività momento in cui schiettamente ed autenticamente era legato alla musica popolare.

Come molti Americani del sud della sua generazione, Lauro era un nazionalista culturale fervente, determinato a salvare e celebrare l’eredità musicale della sua nazione. Come membro del trio Cantores del Trópico da lui fondato tra 1935 e il 1943 (Lauro cantava da basso ed suonava sia la chitarra che il cuatro), ha tenuto concerti in diversi paesi per diffondere la cultura musicale venezuelana. Fu proprio dall’esperienza dei Cantores che Lauro cominciò ad emergere sia come compositore che come arrangiatore. Dal 1940, anno in cui ricevette il titolo di maestro compositore cominciò a dedicarsi formalmente alla composizione musicale. Nel 1947, concluse una delle sue prime opere importanti, il poema sinfonico per solista e coro Cantaclaro, ispirato dall’opera omonima di Ròmulo Gallegos. Subito dopo il colpo di stato del 24 novembre 1948, per mano della giunta militare del Generale Marcos Pérez Jiménez, Lauro fu incarcerato per i suoi legami con alcuni dirigenti del partito Acciòn Democràtica e rimase in esilio per 10 anni (1948-1958). Lauro soffrì molto l’esperienza dell’esilio, e questa vicenda certamente contribuì a far maturare in lui un maggiore attaccamento alla sua terra e di conseguenza alle sue tradizioni.

Pare che Lauro definì l’esilio come una parte normale della vita di un venezuelano della sua generazione. E’ certamente copioso il repertorio per chitarra, vedremo più approfonditamente nel prossimo capitolo, ma per dare un immagine adeguata del compositore non possiamo non menzionare il suo impegno alla direzione dell’Orchestra Sinfonica del Venezuela, o la ricezione del prestigioso premio Nazionale di Musica, Lauro ha composto per orchestra, per coro e orchestra, per pianoforte, per quintetto di fiati ha insegnato in diverse scuole tra cui il conservatorio Juan José Landaeta.

Al momento esistono pochi lavori formali sulla produzione musicale del Venezuelano, anche intorno alla sua vita ci sono poche e frastagliate notizie, le pubblicazioni su Lauro, poi, sono veramente minime; pertanto, ci piace immaginare un repertorio sommerso per diversi organici che forse un giorno potremo apprezzare. Tenace assertore della sua natura di compositore piuttosto che di esecutore, Lauro non vanta una pregevole carriera concertistica (come chitarrista), o almeno noi non ne siamo a conoscenza, sappiamo, però, di una prestazione eccellente a Londra voluta e organizzata da John Williams, il quale al termine del concerto commentò dicendo. “ senza dubbio, Lauro è lo Strass della chitarra”.  Lo stesso Williams, in accordo con Paco Pena, fu organizzatore dei pochi concerti che Lauro tenne in Europa ( anche a Parigi, come a Londra, pare abbia riscosso notevoli consensi). L’esperienza dell’esilio, come detto, tocco profondamente Lauro e probabilmente accrebbe quella cha abbiamo definito la sua “venezuelanità”, la prigionia non gli impedì, però, di continuare a lavorare (non è un caso che appena rientrato dall’esilio abbia fondato il trio chitarristico Raul Borges), queste fatiche gli hanno certamente ottenuto il merito di essere considerato uno dei principali maestri di chitarra latino-americani che con la sua opera ha contribuito ad ampliare il repertorio universale di questo strumento. Le composizioni per chitarra di Lauro, sono ormai note in tutto il mondo, tuttavia a tutt’oggi sono state realizzate poche registrazioni interamente dedicate alla sua opera. Va detto però che tanti “grandi” della chitarra stanno caratterizzando i propri recital con programmi dedicati a Lauro ( basti pensare a J. Williams nella scorsa stagione al Regio di Parma), o all’interpretazione (per altro discutibile) di David Russel in un disco interamente dedicato a Lauro, alle incisioni di Barrueco, alle trascrizioni ed al lavoro di promozione e diffusione della “venezuelanità” e quindi anche di Lauro, realizzata da Alirio Diaz. Tanto è stato fatto, ma tanto altro resta da fare, sicuri che il repertorio e la pratica strumentale di questo autore, scomparso solo vent’anni fa il 18/4/1986, sia ancora tutta da scoprire e quindi tutta da interpretare.

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Lindo Monaco

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