A Margine del Convegno Scientifico allestito in occasione del XXVI cammino nazionale delle Confraternite abbiamo avuto modo di porre qualche domanda al Card. Ravasi

Intervista a cura di Lindo Monaco

Eminenza,  il dialogo da sempre fecondo tra fede e cultura rende oggi ragione della bellezza della vita cristiana ?

Per secoli e secoli, arte e fede, cultura e fede, sono state sorelle tra di loro e quindi questo non può non essere ora un elemento che dobbiamo riproporre. L’uso delle fede deve essere fatto non soltanto dicendo Dio, ma dicendo il modo bello e infinito di Dio.

In che modo gli operatori della cultura possono contribuire alla nuova evangelizzazione?

Gli operatori della cultura possono cercare di trascrivere il messaggio cristiano con un nuovo linguaggio, contemporaneo. Ad esempio: ora la cultura digitale invita a coniare delle forme espressive che riescono a raggiungere i giovani, il mondo dei nativi digitali, tutto quel mondo che ha ormai una nuova grammatica espressiva. Tutto ciò vale per le arti come per le altre manifestazioni sociali. Il Cristianesimo è una religione incarnata, che obbedisce sempre alle coordinate del tempo, entrando in esse non per adeguarvisi ma come seme che feconda.

Qual è il rapporto che c’è tra impegno laicale e promozione culturale?

La promozione culturale è propria di ogni individuo e di una comunità intera. La promozione culturale per questo non è solo compito del laicato o del mondo ecclesiale. In passato i grandi committenti di opere d’arte erano tanto i Vescovi quanto i Principi. Ora l’arte nasce di più dal popolo, nasce da una comunità. In effetti anche in passato le grandi cattedrali non venivano costruite soltanto dall’intuizione dell’architetto che le progettava, tanto è vero che non conosciamo i nomi dei progettisti della maggior parte delle Cattedrali, ma venivano edificate attraverso il respiro di un popolo che partecipava con la sua visione, con le sue concezioni. Gli artisti ed i costruttori erano in perfetta sintonia con il popolo per il quale nasceva la cattedrale. Anche oggi è necessario che quando si fa un’opera d’arte, come quando si costruisce una Chiesa ci sia da parte dei costruttori come dei parroci questo ascolto della comunità per cui sorge una determinata opera.

La Nostra Chiesa di Matera-Irsina con il Patrocinio del Pontificio Consilio della Cultura e per il tramite del Parco Culturale Ecclesiale “Terre di Luce” ha allestito il Progetto “i Cammini”, il contributo della nostra Arcidiocesi all’esperienza di Matera Capitale Europea della Cultura per il 2019. Come secondo lei rendere stabile questo lavoro che da un lato si sta rivelando missionario e dell’altro potrebbe creare sviluppo in quella che è l’ impresa culturale sul territorio lucano?

La bontà del progetto “i Cammini” nasce dal fatto che non si tratta semplicemente di una serie di spettacoli o di iniziative ma è un progetto che appartiene ad una specie di arcobaleno di temi.

Questa architettura tematica che sta alla base del progetto è indispensabile che sia permanente. 

Forse non lo si farà in futuro in una forma così intensa come quella che è stata allestita per quest’anno in cui converge su Matera l’attenzione italiana ed europea. Ma siamo chiamati ad allestire forme diverse di progetto. E’ indispensabile che la Chiesa sappia ancora, che la fede sappia ancora, essere presente nell’interno dei grandi crocevia che sono per esempio: la musica, l’arte, la società nelle sue espressioni più alte, la letteratura, il conoscere, il vedere e l’ammirare tutto ciò che fa parte del patrimonio di un popolo.

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Lindo Monaco

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