Trent’anni… E non sentirli.

L’attesa del Papa a Matera inizia a farsi sentire sul serio. Settembre è sempre più vicino e sempre più vicino, quindi, è il momento in cui la Basilicata tutta e Matera, per la prima volta, ospiteranno Papa Francesco.

L’attesa del Papa a Matera inizia a farsi sentire sul serio. Settembre è sempre più vicino e sempre più vicino, quindi, è il momento in cui la Basilicata tutta e Matera, per la prima volta, ospiteranno Papa Francesco.

E’ una attesa che genera emozione. La visita del Santo Padre, dopo gli anni maledetti della pandemia e nel pieno di una guerra che non potevamo immaginare potesse interessare il cuore della vecchia Europa, è certamente segno di un nuovo inizio, di ripartenza, di speranza. Per i cristiani, poi, la speranza è cosa profondamente diversa dall’ottimismo ed è proprio di quella speranza “differente” che si dovrebbe alimentare l’attesa gioiosa di Papa Francesco nella città dei Sassi.

A ben vedere, la città di Matera non ha avuto modo di raccogliere i tanti frutti maturati nel corso dell’anno da Capitale Europea della Cultura.  Neppure il tempo di smaltire i “postumi” dei fasti finali della cerimonia di chiusura che ci siamo ritrovati tutti, proprio come Papa Francesco ha detto, travolti da una tempesta inaspettata e furiosa: quella del Covid 19.

Ora che la morsa della pandemia sembra aver allentato la presa, vi è la possibilità di rilanciare, proprio da Matera e a motivo della visita del Santo Padre, un messaggio generoso e carico di futuro.

Sappiamo però, sin d’ora, quale sarà il messaggio che Papa Francesco vorrà lanciare o rilanciare dalla nostra splendida città: il suo pontificato ed il suo magistero sono, ormai, chiari a tutti.

Ci ricorderà di dover amare in modo preferenziale gli ultimi, i poveri, i deboli. Ci richiamerà al concetto di fratellanza universale. Sottolineerà che non c’è futuro senza rispetto per la casa comune. Ci condividerà, ancora una volta, la bellezza di una vita che sa accogliere la santità come dono e non come compito da realizzare. Ci riproporrà l’unico stile sociale, ecclesiale e politico utile ovvero lo stile sinodale; lo stile di chi si ascolta, con rispetto, perché ha deciso di camminare “insieme”. Chiederà ai credenti di testimoniare, in modo credibile, la propria fede nell’agone politico per servire disinteressatamente il bene comune. Riaffermerà che la fede, vissuta nelle periferie, svela l’uomo all’uomo e gli consente di vivere un nuovo umanesimo (integrale) fatto di prossimità, di concretezza, di ascolto e di trascendenza.

Il punto, allora, per godere fino in fondo di questa occasione di ripartenza, non è attendere Papa Francesco per quello che avrà da dire o da dirci. Il punto è predisporre il cuore all’ascolto di quanto Papa Francesco vorrà ri-dirci o ri-badirci.

Trent’anni fa la Basilicata fu onorata della visita Pastorale di San Giovanni Paolo II.

Papa Wojtyla venne in Basilicata non per una visita celebrativa o di cortesia ma per un atto pastorale: aveva necessità di ascoltare ed aveva qualcosa da dire ai lucani! Ma gli orecchi del nostro cuore, forse, non erano predisposti all’ascolto.

L’insegnamento “lucano” di Giovanni Paolo II scese nelle problematiche pastorali, sociali, culturali e politiche della nostra terra ed è tutt’oggi ancora attualissimo. Le parole del Santo Padre, trent’anni fa, tracciarono un percorso ben delineato e definito ed avevano l’intento di avviare nuovi processi pastorali e nuovi percorsi sociali e politici.

Processi e percorsi, però, non ancora compiuti e per alcuni versi mai intrapresi.

Penso alle parole di Papa Wojtyla pronunciate a Pisticci scalo (al mondo del lavoro), a quelle dette a Potenza, a Matera, all’ Università o alla piana di Tito:  “Lasciate che vi proclami un messaggio di speranza… il Mezzogiorno d’Italia e in particolare la Basilicata porta con sé la sua forte ricchezza umana e la sua freschezza di spirito. (…) La vostra terra può contare su un grande capitale umano, incomparabilmente più importante di ogni altra potenzialità della natura. (…) Non si è dunque condannati al sottosviluppo, alla disoccupazione e all’emarginazione. (…) Siate ottimisti! Non cedete alla tentazione della mediocrità e dell’abitudine!”.

Quanta profezia ancora da vedere realizzata in queste parole, pur pronunciate – oramai – trent’anni or sono.

Sia trepidante, allora, la nostra attesa di Papa Francesco perché ci chiederà di attivare processi ecclesiali, sociali e culturali nuovi, inediti direi, nella consapevolezza che è necessario un cambio di mentalità, una sostanziale riforma che  “non può lasciare le cose come stanno” (E.G. 25). E’ il momento di ascoltare, con attenzione, quanto il Papa avrà da dirci perché gli orecchi dei nostri cuori hanno oramai più di trent’anni…trent’anni per sentire… per sentirli!

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Lindo Monaco

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